venerdì 2 dicembre 2011

Drink, Slay, Love di Sarah Beth Drust


ORIGINARIAMENTE PUBBLICATO SU URBANFANTASY.HORROR.IT IL 02.12.2011

Vampiri. Liceali. Unicorni. Gelatai depressi. 
Questo libro fa ridere. Giuro 

Ci sono libri che non hanno bisogno di tante chiacchiere per rivelare se stessi: basta la trama.
Pearl è una vampira sedicenne, nata e cresciuta in una famiglia di vampiri (in questa storia i vampiri possono, con difficoltà, avere figli "per via tradizionale"; figli che ovviamente nascono non-morti e crescono tali). Abita in un paesino insignificante del Connecticut, ha un fidanzato (vampiro) della sua età e non ha mai conosciuto altro ambiente che quello del suo vasto parentado di vampiri, fatto di fratelli, sorelle e zii uno meno sano di mente dell’altro.
Una sera, mentre esce dalla gelateria notturna che frequenta sempre – il cassiere mangia un botto di gelato e ha il sangue dolce – si imbatte in un unicorno che sta rovistando nella spazzatura sul retro. La bestia, poco simpaticamente, la impala con una cornata, e Pearl è convinta che siano arrivati i suoi ultimi istanti di non-vita. Invece si risveglia a casa: la famiglia, che l’ha tratta in salvo, ritiene che sia stata vittima di un cacciatore di vampiri, perché da quando in qua esistono gli unicorni??

Ma nei giorni successivi la faccenda si complica: Pearl comincia ad apparire negli specchi e a resistere alla luce del sole. Nessuno se lo sa spiegare, ma la famiglia trova prontamente un modo per utilizzare la novità e iscrive Pearl al liceo cittadino. La ragione è presto spiegata: a breve la famiglia dovrà ospitare un’importante cerimonia presieduta dal temutissimo Re Vampiro del New England, e ovviamente fornire appropriati rinfreschi agli ospiti. Che c’è di meglio, dunque, di una figlia obbediente che ti porta a casa qualche compagno di liceo per un po’ di "doposcuola", o che magari ti organizza il ballo di fine anno in casa nella stessa sera della cerimonia vampiresca? (se state pensando a Carrie o meglio ancora a Buffy, non temete: ci hanno pensato anche i personaggi del libro).
E così Pearl si trova catapultata da un giorno all’altro nella realtà delle scuole superiori, senza sapere un fico secco del mondo dei teenager mortali, senza capire tanto bene il concetto di "ironia" e soprattutto senza aver mai guardato in vita sua un essere umano vedendo qualcosa di diverso da una bistecca con le gambe. Certo, il suo istinto infallibile nel valutare i rapporti di forza e debolezza all’interno di un gruppo le è d’aiuto (dopotutto la sua è una razza di predatori, eccheccavolo!), ma qui si tratta di affrontare mostri di tutt’altro genere: professori con tendenze sadiche, modaiole inferocite, nerd brufolosi pronti a venerarla come una dea e, immancabilmente, un ragazzo un po’ troppo affascinante e che forse sa un po’ troppe cose sul suo conto…
Per chi non lo avesse ancora capito, Drink, Slay, Love non è un libro serio (e non bastava il titolo?) Ma la sua è una ‘mancanza di serietà’ intelligente, perché nelle sue pagine si ride tanto e si ride bene. Ovvio che non mancano le battute su Twilight, è praticamente obbligatorio, ma sono più divertenti della media che si sente in giro e in ogni caso non sono davvero le uniche.
Chi vuol cercare significati seri ne troverà nella spietata analisi della società degli adolescenti, mostri non meno pericolosi dei vampiri (lo so anch’io che non è certo un tema nuovo, e perdonatemi se me ne sbatto). Ma il lettore può tranquillamente fregarsene delle tematiche profonde, perché Drink, Slay, Love è innanzi tutto e soprattutto uno spassosissimo romanzo nerd, pieno di citazioni da film, telefilm, fumetti e quant’altro, di situazioni ai limiti dell’assurdo, di personaggi psicopatici e di feroci prese per i fondelli dei cliché vecchi e nuovi – soprattutto nuovi – sui succhiasangue e il loro mondo.
Sì, c’è anche la storia d’amore. Sì, è ridicola, moderatamente violenta, ovviamente impossibile e abbastanza surreale. Sì, coinvolge gli unicorni, non nella maniera da pervertiti a cui state pensando in questo momento. E sì, se non vi interessa potete ignorarla senza troppa fatica (ma perché farlo?) Ce n’è a sufficienza nel seguire Pearl nel suo rimbalzare dal giorno alla notte, dal mondo vampirico a quello umano, da un’esistenza di grande potere ma di scelte obbligate a una dove più o meno si sta tutti sulla stessa barca, ma forse si può decidere da soli la rotta.
Il romanzo è stato pubblicato lo scorso settembre dalla Margaret K. McElderry Books (la stessa che pubblica Cassandra Clare in America); l’autrice, Sarah Beth Drust, è una riccioluta newyorchese con una laurea a Princeton, un passato da aspirante supereroina e un corredo genetico che non potrebbe essere più nerd di così (potete farvi gli affari suoi qui). E non so voi ma io, per l’esistenza di questi corredi, ringrazio il cielo ogni giorno.

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mercoledì 26 ottobre 2011

The Night Circus di Erin Morgenstern



ORIGINARIAMENTE PUBBLICATO SU URBANFANTASY.HORROR.IT IL 26.10.2011
Nota: tre mesi dopo questo articolo è uscita l'edizione italiana del libro, come Erin Morgenstern, Il circo della notte, Rizzoli 2012


In tournée con due maghi e un Circo fatto di sogni

Si può apprezzare un libro in molti modi. Ci sono i libri carini; ci sono i libri molto belli; e ci sono i libri che ti fanno venire brividi anche quando ci ripensi. The Night Circus è un libro che fa venire i brividi.
Non sono imparziale verso questo romanzo, lo dico subito per togliere ogni dubbio. Mi è piaciuto esageratamente, forse anche al di là di quanto avrebbe dovuto (d’altro canto io vorrei che qualunque libro leggo mi piacesse esageratamente, quindi questa per me è una vittoria), e non so bene da dove partire a parlarne. Proviamo dalla trama, che in sé è molto semplice: in principio abbiamo New York, l’anno 1873 e il mago Prospero. Mago in entrambi i sensi della parola, quello del personaggio shakespeariano di cui porta il nome e quello di illusionista da palcoscenico. Un giorno gli viene consegnata – come un pacco – una bambina orfana di madre, il più recente tra i suoi figli illegittimi: si chiama Celia, e in breve dimostra di aver ereditato le doti soprannaturali del padre. E da qui ha inizio tutto.
Tra Prospero e un altro mago, Alexander, esiste una sfida che si protrae da secoli, un complicato gioco nel quale ciascuno schiera un proprio apprendista contro un apprendista dell’altro e rimane ad assistere, senza interferire, al duello di ingegno e magia che si scatena. Prospero ha ora un’apprendista molto potente, una del suo stesso sangue; Alexander raccoglie la sfida adottando un orfano di Londra, il giovane Marco, e allevandolo nello studio dell’arcano. Il teatro scelto per la sfida è un circo, Le Cirque des Rêves, appena nato e diverso da ogni altro al mondo: arriva in città senza che nessuno se ne accorga, e allo stesso modo scompare; apre i battenti solo dal tramonto all’alba; e quel che succede tra le sue tende è talmente incredibile, talmente meraviglioso da dare una sorta di assuefazione, e da generare un’intera subcultura di ‘appassionati’, i rêveurs, che si sforzano di seguirlo nei suoi spostamenti per il mondo. E su questo insolito ring, armati solo di forza di volontà e immaginazione creativa, Celia e Marco si incontrano senza conoscersi, si scontrano, costringono fantasia e realtà a mescolarsi, alterano vite, avverano desideri, distruggono destini e – inutile tenerlo nascosto – si innamorano.
Molte persone che conosco (e ne conoscete anche voi) a questo punto diranno: “Ancora il circo misterioso? Ancora la sfida tra maghi? Ancora la storia d’amore??” Già, ancora. L’ennesima storia di questo tipo. Come la Gioconda è l’ennesima faccia che sorride. Come la Cappella Sistina è l’ennesima carrellata di scene della Bibbia.
A questo punto vorrei poter dire qualcosa di intelligente sul libro, un qualche commento very smart che faccia venir voglia a tutti di leggerlo. Ma non ci riesco. Questo è un romanzo che è inutile tentare di analizzare razionalmente. Tutto quel che sono riuscito a fare io, in mezzo alle sue pagine, è stato mollare qualunque giudizio e lasciarmi intossicare dalla storia.
Perché The Night Circus è meraviglia pura, è oppio per la mente. È un libro che non va letto: va inalato.
Non solo per il magnifico setting vittoriano (sì, anch’io sono uno di quelli che girerebbero sempre col cappello a cilindro); non solo per i personaggi (e ce ne sono tanti, la storia è molto più corale di quanto non emerga dal mio riassuntino); non solo per i complessi piani temporali, che intrecciano presente, futuro e ‘tempo eterno’; non solo per la magia dei protagonisti, che pure riesce a scolpire con il fuoco, a far germogliare il ghiaccio, a chiudere un racconto in una bottiglia, a far navigare vascelli di carta stampata su oceani di inchiostro. Per tutte queste cose insieme e, più di ogni altra, per il Circo stesso. Un intero universo bianco e nero – gli unici due colori permessi al suo interno, sulle cose come sulle persone – dove ogni minimo dettaglio è una sfida all’immaginazione e il tempo è scandito da un gigantesco orologio in perenne metamorfosi. Che, beffa estrema, non è opera di magia ma di puro ingegno umano.
In mezzo a tutto questo, non pensiate che The Night Circus sia un fiaba per bambini fatta di zucchero filato. Una fiaba lo è senz’altro, e intenzionalmente, ma non potrebbe essere meno infantile di così. Sullo sfondo non cessano mai di aleggiare le ombre immense, tenebrose dei due padroni di Celia e Marco, e gli stessi protagonisti non attraversano la storia con mani immacolate. È un libro che parla di amori adulti, di tradimenti adulti, della responsabilità di usare ai propri fini le vite degli altri, e del dover affrontare – e sconfiggere – un destino che non sempre ci si è scelti da soli.
Concludo, come sempre, con qualche dato tecnico. L’autrice, Erin Morgenstern, è un’esordiente (e io stento a crederci, tanto è matura questa sua prima opera), fa l’illustratrice e vive a Salem, dove evidentemente l’aria è ancora intrisa di stregoneria. Il romanzo, uscito quest’anno, è pubblicato nell’edizione americana da Doubleday e in quella britannica da Harvill Secker. I diritti cinematografici sono stati acquistati ancor prima che il libro andasse in stampa, ma, come ha saggiamente commentato Francesco Dimitri parlandone con me, è impossibile fare di questo libro un film. O meglio, è perfettamente possibile, ma la sua potenza narrativa, la sua meraviglia oppiacea e ipnotizzante sono intrasferibili fuori da una pagina scritta. The Night Circus è un romanzo nel senso più completo del termine. E di romanzi come questo, oggi, c’è più bisogno che mai.

lunedì 26 settembre 2011

Il ciclo di Ravirn di Kelly McCullough



ORIGINARIAMENTE PUBBLICATO SU URBANFANTASY.HORROR.IT IL26.09.2011


Un giorno gli dèi scoprirono la Rete.
E la trovarono una figata.

Gli dèi del mondo antico sono tornati. O piuttosto non se ne sono mai andati. Questo lo sappiamo già, gli autori di urban fantasy ce lo dicono da trent’anni: i vecchi Signori del Mondo si sono messi le Converse, girano in moto per le nostre strade, seminano ovunque figli disadattati e ogni tanto fulminano uno sportello del Bancomat se si mostra poco collaborativo.
Ma qualcuno va anche oltre. Qualcuno ha deciso che i carri alati sono passati di moda una volta per tutte, che gli incantesimi cantilenanti e i libri di magia grossi come cassettiere sono una pizza. Ed è passato al digitale.
E la colpa è tutta di Kelly McCullough.
Di costui, che a dispetto del nome è un uomo (l’onomastica americana fa anche di questi scherzi…), personalmente non so nulla, se non che è un sorridente quarantenne calvo del Wisconsin e che tra il 2006 e il 2010 ha pubblicato una saga di cinque libri che secondo me chi ama l’urban fantasy semplicemente non può non leggere: parlo del ciclo di Ravirn, ovvero WebMage (2006), Cybermancy (2007), CodeSpell (2008), MythOS (2009) e SpellCrash (2010). E non ditemi che i titoli non sono già uno spettacolo.
Gli dèi di McCullough sono quelli dell’antica Grecia. Ma non quelli che vi aspettate. Certo, nelle sue pagine passano anche Zeus, Ade, Atena e gli altri che conosciamo tutti, ma se volete leggere di loro vi rimando piuttosto a Rick Riordan (altro autore che raccomando senza riserve): qui al centro della scena troverete gli dèi a cui di solito non si pensa, ovvero le Parche, le Muse, la Fortuna, Nemesi, le Furie, nonché l’amore – a volte inconfessato – di chiunque frequenti la magia postmoderna, Eris la dea del Caos.
Ma soprattutto troverete l’eroe della storia, Ravi Latcher, al secolo Ravirn: studente universitario per obbligo, hacker per vocazione, semidio per discendenza e ‘mago della Rete’ in senso un po’ più letterale di quanto non si intenda di solito.
La sua famiglia è quella della dea Lachesi, la seconda delle tre Parche che governano il destino umano, dalla quale discende per parecchie generazioni interposte. Attorno a lui si estende un universo fatto di mondi paralleli che galleggiano nella matrice del Caos Primordiale, alcuni molto simili al nostro (e uno di essi è il nostro), altri assolutamente alieni, tutti riflessi più o meno deformati della realtà che precede ogni altra: il monte Olimpo.
E siamo solo all’inizio. Per riuscire a star dietro a un universo così incasinato, le Parche già da secoli hanno gettato alle ortiche il Telaio del Fato e lo hanno rimpiazzato con una sorta di internet multidimensionale, la mweb, che lega insieme tutti i mondi. E i discendenti degli dèi, che come i loro nonni e bisnonni bazzicano la magia, si sono adeguati: incantesimi in HTML, athame con la presa USB e spiriti familiari – webgoblin – in grado di trasformarsi in laptop.
Ora, immaginate cosa vuol dire essere un hacker in un mondo del genere. Immaginate di avere mezzo cervello occupato dalla vostra lontana cugina Cerice, troppo affascinante per non farvi girare la testa e troppo intelligente per darvi corda. Immaginate che Atropo, la terza Parca, quella che taglia i fili delle vite, vi detesti per principio e vi coinvolga di forza nel suo piano per impadronirsi del Database del Fato e premere il tasto “Delete” sul libero arbitrio della razza umana. E aggiungete semidei sanguinari sul piede di guerra, la dea Eris in competizione con voi (ed è lei la hacker più infida del multiverso), un crash totale della mweb e le tre Furie alla vostra calcagna, due intenzionate a farvi la festa, la terza un po’ troppo interessata a voi in altri sensi. Vi siete fatti un’idea della vita quotidiana del web-mago Ravirn?
E se ancora non vi basta – siamo solo al primo libro – potete proseguire nella lettura e scoprire come si evade dall’Oltretomba allegando la propria anima a un’e-mail, come ci si imbuca a una festa sull’Olimpo, come si sopravvive al Caos Primordiale grazie al ‘vecchio trucco dei Titani’ e come ci si ritrova a occupare un posto scomodo e un po’ troppo alto sulla scacchiera delle lotte tra gli dèi. E, fidatevi, vi ho detto solo una piccola parte.
Dunque, perché leggere i romanzi di Kelly McCullough? Arrivati a questo punto a me sembra una domanda inutile, ma risponderò lo stesso: perché il ciclo di Ravirn è intrattenimento puro. È distillato di urban fantasy d’azione, di immaginazione e di ironia in puro stile Ace Books (la storica editrice di New York che assieme alla gemella Roc tiene le redini dell’urban fantasy americano), che prende Omero, Tarantino e William Gibson e li fa ubriacare allo stesso tavolo. Ravirn è un eroe dei fumetti, impulsivo e individualista quanto un adolescente – è semmai la sua ‘spalla’, Melchior il webgoblin, ad avere quel tanto di buonsenso che a lui manca – e il suo è un mondo di esagerazioni epiche: gli incantesimi sono sempre spettacolari (si può evocare un tirannosauro usando la benzina? Ma certo: il petrolio contiene il DNA degli animali preistorici!), le dee sono tutte strafighe e terribili e gli imbrogli più innocenti sono inevitabilmente destinati a partorire disastri di proporzioni cosmiche.
Romanzi ingenui? Senz’altro, ma di una simpatia davvero difficile da trovare. Se cercate lettura profonda e impegnata tenetevi il più lontano possibile da qui. Ma se volete assistere alle malefatte degli dèi in versione cyberpunk, popcorn alla mano come se foste al cinema, Ravirn e compagni vi fanno la serata. Promesso.

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venerdì 24 giugno 2011

Rivers o f London di Ben Aaronovitch


ORIGINARIAMENTE PUBBLICATO SU URBANFANTASY.HORROR.IT IL 24.06.2011
NOTA: all'epoca non esisteva un'edizione italiana. Il primo volume della saga (ma solo il primo) è uscito in italiano l'anno seguente: Ben Aaronovitch, I fiumi di Londra, Fanucci 2012


Rivers o f London, ovvero “Io credo nelle palle di fuoco, lo giuro, lo giuro!”

Salve a tutti. Una piccola nota introduttiva, che varrà anche per il futuro. Quando mi hanno invitato a tenere questa rubrica sull’urban fantasy ho accettato subito, per una ragione molto semplice: mi fa piacere – come penso capiti a tutti – poter consigliare libri che mi sono piaciuti. Per questo quelle che scriverò qui saranno sempre e soltanto le mie opinioni su libri che ho apprezzato. Non recensioni, non valutazioni, non analisi letterarie con citazioni di manuali di critica o affini: nulla di tutto ciò, ma soltanto il mio personale “Ehi, questo libro è figo!”
Ciò detto, parliamo di poliziotti londinesi. Li avete presenti, no? I bobby con il cappellino e il giubbotto fosforescente che, com’è noto, girano disarmati (nel senso che non portano la pistola: il manganello lo portano e se serve non si fanno problemi a usarlo). Be’, almeno uno di loro le "armi da fuoco" le ha: si chiama Peter Grant, è un detective constable (cioè un agente semplice, senza gradi) e se vi comportate molto male – ma dovete proprio tirarlo fuori dai gangheri, perché è un bravo ragazzo – potrebbe trapassarvi con una palla di plasma incendiario.
Perché Peter Grant è un mago, uno degli unici due oggi viventi in tutto il Regno Unito, almeno a detta del suo PR e creatore Ben Aaronovitch.
Fino all’inizio di quest’anno nessuno in Italia aveva la minima idea di chi fosse Aaronovitch, e a dirla tutta anche a casa sua non è che fosse un idolo delle folle, perché i nomi degli autori televisivi non se li ricorda mai nessuno. Eppure porta la sua firma il celebre speciale di Doctor Who del 1988 intitolato Remembrance of the Daleks, che non fingerò di aver visto: come il 99% degli italiani che adorano Doctor Who – e lo adoro senza mezzi termini – anch’io sapevo a stento chi fosse il buon Dottore prima del reboot del 2005. Oggi in Italia si continua a non sapere chi sia Aaronovitch, ma nel mercato anglofono i praise per i suoi Rivers of London e Moon over Soho rimbalzano da mesi da una sponda all’altra dell’Atlantico, e non a torto.
Dunque, chi è Peter Grant? Solo un volenteroso ragazzo di colore che vorrebbe fare la sua tranquilla carriera in polizia e magari andare un po’ oltre l’amicizia con la graziosa ma irascibile collega Lesley, che gli manda segnali un tantino ambigui? No: è un poliziotto che sulla scena di un brutale omicidio si ritrova a interrogare un testimone morto quanto la vittima lì per terra, prima di rendersi conto che lo vede solo lui.
E se non gli bastasse conversare con i fantasmi, a reclamare la sua attenzione ci pensa Thomas Nightingale, suo superiore in grado e ultimo mago qualificato d’Inghilterra, che lo fa trasferire sotto il proprio comando e gli impone senza mezzi termini di "disciplinare il suo talento", ossia studiare magia almeno per un po’ di tempo. Una quindicina d’anni, tanto per cominciare.
E così sulle spalle di Grant piomba un malloppo di nuovi, insoliti doveri da poliziotto, tra cui fare da paciere tra le litigiose divinità di Londra – numi tutelari dei molti fiumi ‘figli’ del Tamigi, a sua volta incarnato da Padre Tamigi e Madre Tamigi, che non si sopportano tra loro – sloggiare vampiri abusivi dai seminterrati della città (e vi garantisco che quelli di Being Human sono puliti e ordinati al confronto…) ed evocare spettri di magistrati morti nel Settecento, perché, è ovvio, ci vuole il mandato di un magistrato defunto per arrestare un criminale defunto!
Tutto questo mentre si sforza di padroneggiare la grammatica latina – in che lingua pensavate che fossero gli incantesimi? – e di vivere nella stessa casa con il compassato Nightingale, che forse è un po’ più vecchio dei quarant’anni che dimostra e non ha mai avuto altra compagnia che la sua cameriera, una taciturna ragazza orientale con un’inquietante chiostra di denti aguzzi e la sgradevole abitudine di ingozzarsi di carne cruda.
Sto evitando volutamente di raccontarvi la trama, per non fare spoiler, ma se tutto questo non basta per farvi venir voglia di leggere i due romanzi, aggiungerò che ci troverete viaggi nel tempo, spiriti malvagi con una fissa per il teatro delle marionette, scie di jazzisti morti di jazz e una femme fatale che gira per i nightclub di Londra "giustiziando" ragazzi allegri per mezzo della propria vagina dentata.
Avete letto bene: ho scritto vagina dentata.
In calce a tutto ciò, la scrittura di Aaronovitch ha due punti forti che per me valgono da soli l’intera saga: ironia e verosimiglianza. La prima è onnipresente, assolutamente britannica e distribuita con l’abilità consumata dell’autore televisivo, che sa quando e come strappare una risata senza invadere mai i momenti drammatici. La seconda è calibrata così bene che io ne sono rimasto conquistato. Ci sono ambientazioni dove la magia non ha bisogno di sembrare reale – e, beninteso, se il libro in sé è bello per me va bene comunque! – ma nel mondo di Peter Grant tutto sembra così vero che non si fa la minima fatica a credere nelle palle di fuoco (memorabile in Moon over Soho la trattazione di Nightingale sul perché la palla di fuoco è preferibile alla pistola, non ultimo il non dover compilare chili di scartoffie in centrale), e questa è una rarità nella letteratura del genere.
Grant si muove in un mondo dove la magia è poca e dura da padroneggiare (sei mesi di tirocinio per far galleggiare nell’aria una piccola sfera di luce, tanto per intenderci), dove le regole sono state stabilite da sir Isaac Newton (sì, lo stesso della Rivoluzione scientifica: anche lui aveva diritto alla sua doppia vita) e dove il punto non è imparare a spazzar via i nemici ma imparare a non spazzar via se stessi con un incantesimo andato di traverso. E allora accanto alla magia ben vengano i cari vecchi metodi da sbirro, il lavoro del detective, le porte sfondate e un bel cazzotto in faccia quando serve. Peter Grant di sicuro non si tira indietro: tutte cose più facili che coniugare i verbi in latino!
Per concludere, qualche dato tecnico: Rivers of London e Moon over Soho sono pubblicati da Gollancz per il mercato inglese e da Del Rey per quello americano; nell’edizione americana Rivers of London si intitola Midnight Riot. Il terzo volume della serie, Whispers Under Ground, è atteso per quest’autunno (Ben Aaronovitch è un autore serio, di quelli che lavorano sodo e senza protestare). L’inglese del testo è pulito anche se non mancano i termini gergali, in particolare dal mondo della polizia londinese, ma niente che non si possa reperire facilmente in rete.
Buona lettura a tutti e… watch your back when in London at night!


AGGIORNAMENTO: al momento presente (agosto 2015) la saga di Rivers of London è giunta al quinto volume, con il sesto (The Hanging Tree) previsto in uscita a novembre, e a me continua a piacere un bel po'. Sfortunatamente per i lettori italiani, nel nostro Paese la pubblicazione non è andata oltre il primo volume.
Per chi legge in inglese, i volumi attualmente sono:

Rivers of London (2011)
Moon over Soho (2011)
Whispers Under Ground (2012)
Broken Homes (2013)
Foxglove Summer (2014)