Se siete dei pagani e/o dei maghi di oggi, quasi tutto quel che sapete sul dio Ermes è sbagliato.
Una ricerca anche breve sull’argomento vi porterà a racimolare le informazioni più frequenti che “girano nell’ambiente”: leggerete che Ermes (o Mercurio per le popolazioni italiche), essendo dio della parola, della comunicazione e della rapidità è popolarissimo oggi. Che il suo nome, la sua immagine e i suoi simboli appaiono su migliaia di oggetti e istituzioni moderne. Che è un dio trickster e quindi gli antropologi lo amano più o meno per principio. Che in quanto semplice messaggero di divinità più grandi di lui (principalmente Zeus, ma anche Ade e a volte altri Dèi) era poco considerato nell’antichità classica, ma oggi i rapporti di forza si sono invertiti e adesso è lui a farla da padrone in un mondo basato proprio sui principi che lui rappresenta.
Alcune di queste affermazioni sono vere, altre no, e altre ancora camminano sulla linea d’ombra che divide la verità dal suo contrario, ovvero – a voler ben vedere – proprio il territorio in cui Ermes si è sempre trovato più a suo agio.
Ma su questo torneremo dopo.
Partiamo dall’ultimo punto. Che la nostra realtà sia fortissimamente “mercuriale” – da Facebook a Istagram, dai jet ai satelliti, da Netflix ad Amazon – è un dato di fatto. I pagani contemporanei si sono adeguati già da tempo: non credo esistano statistiche sull’argomento, ma sono pronto a scommettere che quello di Ermes è il nome divino che spunta più spesso nelle preghiere e negli incantesimi (e forse anche nelle bestemmie) di chi sta per andare in viaggio, si prepara a un discorso in pubblico o semplicemente lotta contro un’auto che non parte o un pc che si è spento di colpo.
(Non sono innocente nemmeno io: ho il mio piccolo sortilegio dedicato a Ermes che uso ogni volta che qualcosa di elettronico mi si impianta in mano, e finora non ha mai fallito.)
È altrettanto vero, però, che Ermes non era affatto “poco popolare” nel mondo classico, o perlomeno non lo era in misura inferiore rispetto ad altri Dèi che arbitrariamente riteniamo “più importanti”. Agli scrittori antichi, da Omero in poi, Ermes piaceva un casino. Basta leggere i miti per accorgersene: nella sua veste di messaggero si manifesta di continuo, parla con gli eroi (e certe volte li tira per le orecchie), li trascina di qua e di là a fare le loro eroiche fesserie, ogni tanto li equipaggia persino. E nel fare tutte queste cose è quasi sempre descritto con una quantità di dettagli, con metafore e similitudini e molto spesso con battute di dialogo. È evidente che ai mitografi piaceva parlare di lui, lo trovavano interessante.
Un Ermes moderno, come ne
troverete
a migliaia su Pinterest
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Un’attitudine che si è trasferita senza soluzione di continuità agli autori di oggi: in qualunque narrazione moderna – romanzi, film, serie tv e quant’altro – in cui si parli degli Dèi dell’antica Grecia Ermes non può non fare la sua comparsata: è d’obbligo, il pubblico stesso se lo aspetta. E, se la storia è di ambientazione moderna, ci si aspetta anche di vederlo in un’adeguata veste attuale: teenager e spettinato, sorridente e linguacciuto, sempre pronto a cercare di sembrare il più sveglio nella stanza, in giro a volare per le strade in skateboard o sui rollerblade o, all’apparente contrario, incastrato in qualche sgabuzzino rigurgitante di schermi, tastiere e cibo cinese da asporto, occhialuto e ossuto sotto un’enorme camicia a scacchi come si addice al Dio dei Geek.
In altre parole, se ci fare caso, non c’è stato nessun rovesciamento di potere: la popolarità di Ermes è senza tempo, e se oggi “lo vediamo ovunque” non è perché sia arrivato dove prima non c’era, ma semplicemente perché il nostro mondo ha reso più evidente la sua eterna onnipresenza. Se un pagano di oggi può ipoteticamente ricordarsi di lui ogni volta che vede un pc, un uomo di duemila anni fa poteva fare la stessa cosa ogni volta che vedeva un’erma (i cippi di pietra che venivano eretti ai bordi delle strade proprio per metterle sotto la tutela del Dio, e che di conseguenza si incontravano dappertutto).
Insomma Ermes non è poi così speciale nel nostro presente? Non ho detto questo. Ma per capire il mio punto di vista dovrete seguirmi un po’ più a fondo.
Il messaggero divino, si sa, è anche un Dio degli stratagemmi e delle invenzioni, creatore – tra le altre cose – dei sistemi di peso e misurazione delle distanze, degli astragali, della lira e dell’idea di accendere il fuoco sfregando due bastoncini (in barba a Prometeo che per rubare quelle stesse fiamme dal Cielo ci ha rimesso letteralmente il fegato). Invenzioni spesso figlie di una necessità contingente quando non di un capriccio, e sempre realizzate “con quel che capita”. In un suo affascinante articolo sull’argomento (che trovate qui) il sociologo della comunicazione Stefano Cristante fa notare un dato fondamentale:
Sembra quasi che il giovane dio non abbia bisogno di un piano preordinato per realizzare i propri obiettivi: avuta la folgorazione (il “che fare”), trova poi sulla propria strada i mezzi per dare forma al lampo creativo.
Ermes dunque, ancora più che dio dell’elaborazione intellettuale, è nume tutelare dell’intuizione geniale, del pensiero laterale, dell’improvvisazione e della serendipità. E con questo già siamo più vicini al mio obiettivo.
Dio trickster, dicevamo sopra. Definizione distratta e quanto mai abusata nel nostro tempo, ma ancora utile a qualcosa. Gli antropologi ci insegnano che il ruolo dei trickster nei miti è quello di fondare aspetti dell’universo attuale, di portare in essere cose nuove o dare loro un posto appropriato, come collocare il sole nel cielo o inventare la scrittura. In altre parole, il loro lavoro è trasformare la realtà.
Uno dei miei Ermes preferiti:
quello di Olimpo: gioie e disagi
(se non conoscete la pagina,
rimediate subito!)
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E questo Ermes lo fa ottimamente. Con le sue invenzioni, certo, ma ancora di più, da buon Dio della Parola, con le chiacchiere. O meglio, con una forma di chiacchiera specifica: la menzogna.
Che sia una divinità della comunicazione lo abbiamo già ripetuto alla nausea. Ma questa parola, comunicazione, in genere ci evoca concetti come chiarezza, precisione, rapidità, comprensione. Tutte doti che Ermes senz’altro ha quando nei miti svolge il suo ruolo di messaggero degli Dèi. Il punto però è che, quando semplicemente riferisce le parole dei suoi superiori, Ermes è al nadir del suo fascino. In genere ci frega ben poco di sapere che cosa Zeus vuol dire per bocca del suo postino a questo o quell’eroe, anche perché di solito lo abbiamo già letto nei paragrafi precedenti della narrazione. È inutile negarlo: Ermes dà il suo meglio quando, di sua iniziativa, racconta balle.
E nella sua carriera ne ha raccontate di colossali e incredibilmente sfacciate: andate a leggere dei suoi furti e imbrogli ai danni di Apollo nell’Inno Omerico a lui dedicato, e lo vedrete mentire sorridendo persino davanti al Tribunale degli Dèi e a Zeus in persona. Ma si tratta di menzogne con uno scopo ben preciso (nel caso specifico, arrivare a ottenere gli stessi onori divini degli altri Olimpici): Ermes non mente a caso, così come non parla a caso, non si muove a caso, non inventa a caso.
Dunque il nostro divino portalettere è sicuramente un manipolatore della realtà, ma la trasforma in direzioni diverse, anzi apparentemente opposte: la chiarisce con i suoi messaggi e la confonde con le sue bugie, la piega all’uso di tutti con le sue utili invenzioni e la distorce a suo uso personale con i trucchi più sporchi.
Da notare che Ermes nelle
pitture più antiche era
un uomo fatto: venne
"ringiovanito" solo più tardi
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Attenzione, non sto dicendo che Ermes è potente oggi perché la nostra è un’epoca di grandi bugiardi (anche se politici e giornalisti fanno venire una gran voglia di pensarlo…): i raccontaballe sono tipici di tutte le epoche, e in quanto loro protettore Ermes si conferma ancora una volta un Dio adatto a ogni secolo. Quel che differenzia realmente il nostro tempo dagli altri è che nella nostra cultura l’incertezza e le “verità supponibili” sono diventate la norma. Tutto quel che leggiamo, sentiamo o vediamo on line può sempre essere vero o non esserlo. Tutto quel che ci dicono i nostri leader è almeno in parte alterato per ottenere qualche scopo che noi non conosciamo. Persino la scienza ci spiega che quel che abbiamo sempre chiamato “realtà” è un’illusione percettiva che il nostro cervello crea semplicemente per… non impazzire.
E in tutto questo Ermes sguazza felice come non mai, fa equilibrismo sul filo della Realtà fischiettando le equazioni di Heisenberg, sta seduto nella scatola a carezzare il gatto di Schrodinger sorridendo al pensiero di tutti quelli là fuori che si domandano sperduti “cosa è vero e cosa no”.
Se volete un ultimo esempio, pensate al pianeta che porta il suo nome.
Personalmente mi intendo poco di astrologia, non è il mio campo, ma persino io conosco bene quel tremendo fenomeno chiamato Mercurio retrogrado. Gli astrologi ci insegnano che un pianeta si dice in retrogradazione quando il suo moto apparente diventa temporaneamente opposto alla direzione dello Zodiaco: durante queste fasi, gli influssi planetari di quel corpo celeste sono “invertiti”.
Nathan Fillion interpreta Ermes nel secondo film della serie di Percy Jackson |
Essendo un pianeta veloce, Mercurio diventa retrogrado più spesso dei suoi colleghi, anche tre-quattro volte all’anno (lo è pure in questo momento, e lo rimarrà fino alla fine di luglio). In periodi del genere tutto quel che sta sotto il patrocinio del pianeta di Ermes si incasina: le comunicazioni tra persone, gruppi e culture diventano difficili, si rischia più facilmente di non capirsi e litigare, i viaggi si riempiono di ritardi e ostacoli, gli oggetti tecnologici danno di matto e internet pure (se vi spariscono i post su FB o mail importanti finiscono a caso nello spam sapete con chi prendervela), si tende a spendere troppo o comunque si perdono soldi, si dorme male e si fanno strani sogni, ci si sente stanchi e impazienti, si hanno reazioni esagerate, si rifanno vive vecchie storie, questioni sepolte e persone dal passato.
In una parola, Mercurio retrogrado porta confusione.
Ma non lo fa per caso. Il suo moto apparente non si inverte per un capriccio: è un fenomeno normale, ripetitivo, astronomicamente prevedibile. Mercurio a intervalli regolari porta il caos sulla Terra perché questa è la sua natura.
E noi, attorno al suo equilibrismo, abbiamo finito per creare un’intera civiltà.
Il Messaggero Imbroglione ringrazia, e saluta con una linguaccia.