ORIGINARIAMENTE PUBBLICATO SU URBANFANTASY.HORROR.IT IL 13.02.2012
Dopo un mese di buco – perdonatemi, a
gennaio ho avuto troppo da fare – torno da voi per parlare di un libro che a
dirla tutta non è propriamente urban, e forse neanche propriamente fantasy.
L’autore, canadese, classe 1967, praticamente inedito in Italia se si
eccettuano un paio di suoi libri per l’infanzia, non è un nome nuovo per chi
legge steampunk in inglese (Airborn, Skybreaker, Starclimber) e pur essendo abbastanza giovane ha già firmato più di
venti romanzi. E questa volta le sue due anime, quella di scrittore per ragazzi
e quella steampunk, collidono in una storia che parte da un’idea secondo me
fichissima: raccontare l’adolescenza di Victor Frankenstein.
Sì, quel
Frankenstein: un ipotetico prequel (o l’inizio di un prequel, visto che si
stratta di una trilogia) al libro di Mary Shelley. Abbiamo dunque Victor, ricco
e sfaccendato figlio di nobili in una Ginevra di fine Settecento incastrata tra
il secolo dei Lumi e un medioevo che non ha nessuna voglia di scomparire, e
abbiamo suo fratello gemello Konrad (“Un attimo” sta già pensando qualcuno, “ma
nel Frankenstein il dottore mica
aveva gemelli!”: pazienza, ci arrivo dopo). E ovviamente abbiamo Elizabeth, la
cugina orfana adottata dalla famiglia Frankenstein, di cui chi ha letto Mary
Shelley già conosce il destino. I tre crescono insieme, e a sedici anni sono
ovviamente compagni d’avventure e di malefatte. Dei gemelli, Konrad è quello
estroverso, brillante, che piace alla gente; Victor di contro è cupo,
irascibile, ossessivo e, inutile dirlo, ha verso il fratello un mostruoso (mai
termine fu più appropriato!) complesso d’inferiorità. Chiaro che a entrambi la
cugina piace parecchio, e altrettanto chiaro che tra i due lei sceglie Konrad.
Per farla breve e senza spoiler: Konrad
si ammala gravemente per un disturbo congenito del sangue, la medicina del
tempo può solo allargare le braccia e Victor, che pur con tutte le complicazioni
del caso ha con lui quel genere di legame che c’è solo tra gemelli, non trova
altra soluzione che rivolgersi all’arte negletta e screditata dell’alchimia.
Con l’aiuto di un libro in codice dissotterrato dalla Biblioteca Oscura
(nascosta nei recessi del castello dei Frankenstein e nella quale il padre dei
gemelli ha tassativamente proibito loro di metter piede) e con quello di un
inquietante alchimista paraplegico di Ginevra, il futuro creatore di mostri si
imbarca nell’impresa di produrre un elisir in grado di risanare Konrad. Impresa
che porterà lui ed Elizabeth a rischiare la vita contro rapaci giganteschi,
pesci preistorici, labirinti sotterranei, felini dall’intelligenza umana e alla
fine un sacrificio che chiederà a Victor di accogliere l’orrore nella sua
stessa carne. E, se ancora non bastasse, c’è un’altra piccola complicazione:
morto Konrad, Elizabeth sarebbe ‘libera’, e anche Victor ci ha pensato…
Se non vi sembra una storia originale,
avete ragione: non lo è. Non è questo il suo punto di forza. Lo sono invece
l’atmosfera – tenebrosa, gotica, malsana, e nello stesso tempo vibrante di vita
– la potente e credibilissima caratterizzazione dei personaggi e, più di tutto,
l’insolita prospettiva in cui l’autore presenta la scienza settecentesca e più
in generale la ‘realtà’. This Dark
Endeavour non è assolutamente un romanzo steampunk, eppure Kenneth Oppel
riesce a far sembrare ‘futuristiche’ le scoperte mediche e le nuove tecnologie
di allora, ossia a farle vedere al lettore alla maniera in cui dovevano vederle
le persone di quel tempo: non macchine immaginarie ma fantascienza che stava
diventando realtà. Con un meccanismo simile, elementi che non sono propriamente
fantastici – o meglio che non appartengono in toto al mondo dell’immaginario –
come i feroci rapaci delle foreste alpine e gli enormi pesci sotterranei si
mostrano attraverso la ‘lente’ con cui li vedono i protagonisti, divenendo a
tutti gli effetti degli autentici mostri, non meno orribili o credibili dei
mostri propriamente detti. Se ci aggiungete l’alchimia, i sentimenti ambigui e
una buona dose di sangue penso possiate capire perché dico che questo libro mi
è piaciuto.
Ovvio che i richiami al Frankenstein originale sono tantissimi,
sia evidenti che ‘nascosti’: da buon prequel, deve porre le basi per quel che
accadrà dopo. Ma sono tante anche quelle che a prima vista si direbbero
‘libertà’ che l’autore si è preso dal libro di Mary Shelley, prima fra tutte
quella di dare un gemello al buon dottore. Al netto del fatto che, da come la
vedo io, scelte del genere non tolgono nulla alla validità dell’opera,
riflettete su questo: nel Frankenstein
è il dottore stesso a raccontare la sua storia al capitano Walton che lo ha
tratto in salvo dai ghiacci del Polo Nord. Quindi ha raccontato quel che voleva raccontare, libero di
tacere qualunque cosa lo mettesse troppo in imbarazzo o non si adattasse
all’impressione che voleva trasmettere al suo salvatore. Sovra-interpretazione
da parte mia? Forse. Ma lasciatemelo fare: la lettura è anche un gioco!
Solite info tecniche di chiusura: il
romanzo, uscito l’anno scorso, è pubblicato da Simon & Schuster in America
e da David Fickling Books in Gran Bretagna e, tanto per cambiare, i diritti
cinematografici sono già stati opzionati (il che, come ben sappiamo, non significa
in automatico che si farà davvero un film, ma in questo caso io ci spero,
perché il romanzo si presterebbe bene). Il secondo volume della trilogia, Such Wicked Intent, è previsto per
quest’estate. E, in tutta sincerità, io lo aspetto con ansia.
AGGIORNAMENTO: ho letto Such Wicked Intent non appena è uscito e mi è piaciuto ancor più del libro precedente. E' da allora che aspetto che la saga vada avanti, ma per ragioni che mi sono ignote Oppel non ne ha più pubblicati altri...