Parliamo ancora di libri.
Nell’ultimo periodo pare sia tornata di moda – se mai si fosse sopita negli ultimi 8-10 anni – la vecchia tiritera ignorante che il fantasy italiano fa schifo al cazzo e gli autori italiani sono una massa di poveri incapaci montati dal primo all’ultimo.
Io al “dibattito” – le virgolette sono quanto mai d’obbligo, perché la questione il nobile nome di dibattito non se l’è mai meritato neanche da lontano – non ho mai partecipato né in pubblico né in privato, se non nell’unica forma che ritengo perfettamente sensata: consigliare in sincerità i libri e gli autori che più mi sono piaciuti, senza proporre analisi (che non mi competono) e senza sciogliermi in compiaciute stroncature (che non mi interessano).
Chi mi segue, peraltro, sa benissimo che faccio esattamente la stessa cosa con gli autori stranieri. A casa mia non è né è mai stata una questione di nazionalismo, ma solo di bei romanzi. A costo di ripetere per la millesima volta un’ovvietà atroce, ci sono bei libri e brutti libri in tutte le lingue. E allo stesso modo ci sono autori italiani bravi e autori italiani scadenti, fantasy italiani bellissimi e fantasy italiani disastrosi.
Oggi dunque spendo due parole su due libri italiani che ho letto nelle ultime settimane – per caso uno di fila all’altro – e che mi sono piaciuti alquanto: Il rocchetto di madreperla di Chiara Strazzulla (Einaudi) e Mondo in fiamme di Edoardo Stoppacciaro (La Corte).
Gli autori li leggo entrambi per la prima volta, e sono tutti e due mie conoscenze (Chiara solo on line, Edoardo anche di persona per pochi preziosi minuti alla scorsa Lucca): se pensate – come va di gran moda pensare – che questo infici il mio giudizio sul loro lavoro, be’, a me non frega un beneamato. Sì, questi due mi sono simpatici anche come persone: ora lo sapete, valutate voi di conseguenza.
I loro sono due libri quanto mai diversi, per genere di fantasy come per stile come per tematiche, e anche per questo è stato strano e bello leggerli di seguito.
Il rocchetto di madreperla è un fantasy storico di ambientazione vittoriana, che si muove tra Londra e Venezia per raccontare la storia di uno sfrontato, sarcastico, intelligentissimo aristocratico inglese che sfida il Diavolo a una partita di bridge e gli vince il solo mezzo al mondo capace di salvare la vita del fratello malato di tisi. Se non fosse che, anni dopo, per il Diavolo la partita non è ancora chiusa. Un tema classico, sicuramente, ma per una volta trattato con sviluppi niente affatto facili da prevedere.
È un romanzo intensamente atmosferico, dal ritmo solenne, che non va assolutamente letto di fretta. Ci sono libri che ti agguantano per il collo e ti trascinando di corsa con loro, e libri che ti aprono la porta come un compassato maggiordomo e ti accompagnano in una visita densa e completa dell’intera magione: Il rocchetto di madreperla appartiene al secondo gruppo, e il favore più grande che il lettore può farsi è lasciare che le sue pagine lo portino via con i loro tempi. Per conto mio, non credo di aver mai letto una rappresentazione così vivida, intensa e credibile della società vittoriana da parte di un autore non inglese: di sicuro, mai in un fantasy italiano.
Ma la cosa che rimane in mente, che più esce dalle pagine sono i diavoli (che stavolta non chiamerò demoni, anche se è considerato un termine più fico, ma proprio diavoli, perché questo è il nome più appropriato per loro).
I diavoli di Chiara Strazzulla non hanno né artigli né corna né lingue di fuoco, eppure sono mostri come se ne trovano pochi là fuori. Solidi e concreti quanto le persone che incontriamo nei nostri sogni (ovvero totalmente, se visti dalla giusta angolazione), capaci di far collassare il confine che separa il mondo del quotidiano dalla dimensione degli incubi e delle visioni, educati come eterni gentiluomini, pazienti come ragni, trasformisti come gli dèi trickster delle vecchi mitologie, e nello stesso tempo gonfi di un potere talmente enorme che il solo pronunciare ad alta voce il loro nome può provocare sconvolgimenti nella realtà.
Talmente ben riusciti, insomma, che pur sapendo benissimo “da che parte stavano” io non sono riuscito a non tifare per loro.
Dall’altra parte c’è invece Mondo in fiamme, un fantasy classico sull’aria delle atmosfere di Martin. E se dico – cosa che chiunque mi segue sa già – che a me Martin non piace per niente ma questo libro mi è piaciuto eccome, e ci aggiungo pure che di fantasy classici ormai da anni ne leggo pochissimi perché su quel fronte la noia tristemente ha vinto, credo di stare dando una buona misura del mio apprezzamento.
Riassumere la storia in poche parole non è facile, ma vi dirò che ci sono due regni reduci da una guerra orrenda e già sull’orlo di un’altra, sovrani corrosi dal loro stesso potere, spiriti inquieti di un mondo che non esiste più, una compagnia mercenaria costretta a una missione che può finire davvero male e un tesoro maledetto che va disperdendosi pian piano per il mondo quando sarebbe tanto meglio che tornasse là dove era sempre rimasto sepolto.
A prima vista Mondo in fiamme potrebbe sembrare un grimdark, ma non lo è. Non per me, almeno. Tutti quegli elementi che a me rendono il grimdark un sottogenere alquanto inappetibile – poca magia, truculenza adolescenziale, militarismo e politica in dosi industriali – qui non ci sono, o, quando ci sono, l’autore li impiega in maniera intelligente. La magia c’è, ma non è pirotecnica, eppure aleggia costantemente su tutta la storia, o meglio ancora ribolle al di sotto, preparandosi a traboccare nel momento peggiore. La violenza c’è, ma ha sempre un suo senso, a volte anche dolorosamente sociologico. Come c’è la politica, che tuttavia serve strettamente allo sviluppo della storia, e lo serve egregiamente.
La stesura ogni tanto è un po’ ingenua – so che Edoardo non me ne vorrà se lo dico, è il suo primo libro – ma solo ogni tanto: per contro, ci sono alcuni passaggi davvero potenti. E comunque se tutte le opere prime fossero come questa vivremmo in un mondo strepitoso: i personaggi sono interessanti, ti fanno venir voglia di sapere cosa gli succederà poi, la storia procede spedita, e in più io sono rimasto colpito – non saprei nemmeno dire perché – dallo sfondo geografico della vicenda. Con i suoi boschi nebbiosi, i suoi laghi gelidi, le sue montagne nere, le sue città arroccate dalle stradine in salita Mondo in fiamme mi ha lasciato una serie di vivide, intense impressioni visive, un senso inquietante di natura primordiale ed estranea, che va ad aggiungersi ai meriti di una storia di cui leggerò senza dubbio il seguito (quello uscito per ora è solo il primo volume). Ripeto: se tuti i romanzi d’esordio fossero così, ci sarebbe da firmare col sangue.
Ecco: se siete in ritardo con qualche regalo di Natale, uno di questi due libri potrebbe servire egregiamente alla causa. Believe me.
Il rocchetto di madreperla sarà mio. *_* Vittoriano e fantasy sono una bomba assieme. *_*
RispondiEliminaUhm, considererò assai il primo.
RispondiEliminaLieta di essermi persa i più recenti dibattitoni sugli italiani che non sanno scrivere fantasy >_>
Bellissimo "Il rocchetto di madreperla" della Strazzulla. Io a differenza di te ho letto anche gli altri due libri "Gli eroi del crepuscolo" e la "Strada che scende nell'ombra". Mi era sembrata una scrittrice valida già in giovane età e quindi ho continuato a seguirla. Ho quindi comprato "Il rocchetto di madreperla" a scatola chiusa e leggendolo non sono rimasta delusa. Per l'altro mi affido al tuo consiglio e lo metto nella mia lista dei desideri!
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