lunedì 1 febbraio 2016

Gli dèi viventi, puntata 5: La Nera Signora e i suoi cugini meno VIP

È molto probabile che gli dèi e le dee della morte siano tra le prime divinità concepite dalla razza umana. Ma tranquilli, non intendo mettermi a farne l’elenco, perché faremmo l’anno prossimo e perché, se l’argomento vi incuriosisce, trovate facilmente tutte le informazioni di base on line.
Quel che mi interessa, invece, è attirare la vostra attenzione su una particolare categoria di divinità della morte: quelle deputate al trapasso. Non i sovrani del regno dei morti, ma i loro inservienti, gli dèi portinai dell’aldilà e collettori d’anime, che spesso erano identificati con la personificazione della morte stessa (il nome tecnico per queste figure – che forse già conoscete – è psicopompi, che in greco significa semplicemente “guide delle anime” ma che, diciamocelo, a noi oggi fa parecchio ridere...)
 
Thanatos e Hypnos su un famoso vaso conservato al Louvre
A volo d’uccello – ho promesso di non fare elenchi – in Grecia la Morte era Thanatos, che non a caso era fratello di Hypnos, il Sonno (non so a voi, ma a me è sempre sembrata una visione un po’ sterilizzata dell’idea di trapasso, una morte “alla vaniglia”, in linea con i gusti di un mondo violento e al contempo altamente estetico come quello greco classico)*. A Roma, dove la gente si faceva la barba ed era molto meno poetica, la Morte era Orco, dio dalla fame insaziabile che ingoiava ogni cosa (ve le ricordate le malae tenebrae Orci di Catullo? su dài, che le avete fatte al liceo!), tanto da dare origine, più tardi, a un altro ben noto mostro affamato di carne umana: l’orco delle fiabe**. In Egitto accogliere le anime – nonché sovrintendere all’impacchettamento dei corpi – era il mestiere di Anubi, mentre nel mondo nordico a portarsi via i guerrieri caduti in battaglia, quando non lo faceva direttamente Odino (ma era una caso raro), provvedevano le valchirie, che comunque facevano le difficili e sceglievano per il Valhalla solo i morti più valorosi. Persino i grandi monoteismi hanno i loro Angeli della Morte: date un’occhiata on line e ne troverete un bel po’. 
Il vever (rappresentazione simbolica) di papa Ghede,
dai connotati abbastanza inequivocabili
Se poi usciamo dalle culture europee, la nostra idea degli dèi psicopompi si fa parecchio più nebulosa (e non citatemi gli Shinigami giapponesi, li conoscete solo perché li avete visti in Death Note). A conti fatti, l’unico dio della morte non europeo veramente famoso in Occidente è il loa Ghede, il sovrano dei morti del Vudu, e anche lui è noto quasi esclusivamente per uno solo dei suoi molti aspetti – che a casa sua non è nemmeno il più importante – ripreso da un numero incalcolabile di romanzi, film, telefilm e fumetti: quello di Baron Samedi, il Signore dei Cimiteri che regna sugli spettri e riporta in vita gli zombi. 

E questo – mooolto sommariamente – è il passato (per quanto il Vudu sia una religione viva, anche se forse ancora per poco...) 
Ma il presente? Ho già parlato più volte della propensione del paganesimo contemporaneo e della nostra epoca in generale a dare vita a nuovi dèi, adattati al tempo presente. Sul fronte delle divinità della morte, che cosa offre il menù?
Nel folclore bretone lo Spirito della Morte è l'Ankou,
che ha palesemente i tratti del Tristo Mietitore
Prima di rispondere vorrei fare un passettino di lato, e parlare dell’iconografia prima che della religione vera e propria. In genere, se chiedete a un occidentale di oggi di immaginare la Morte, con ogni probabilità vi tirerà fuori lo scheletro col cappuccio e la falce. Chiaro, è un’immagine universalmente diffusa, ma non è per niente nuova. A dirla tutta le sue versioni più antiche risalgono al Quattordicesimo secolo, e sono direttamente collegate alle grandi epidemie di peste che colpirono l’Europa in quel periodo. La Morte personificata appariva nell’arte già molto prima di allora, è ovvio, ma con aspetti diversi: giusto per fare un esempio, non impugnava una falce, ma di solito una spada o più raramente un arco. Quell’inquietante attrezzo agricolo gli artisti medievali glielo misero in mano solo dopo averla vista “mietere” intere generazioni in un colpo solo. In altre parole, la spada va bene per i duelli: la falce è un’arma di distruzione di massa. 
Per farla breve l’icona del Tristo Mietitore ebbe un gran successo – gli esperti di marketing di oggi avrebbero applaudito – e comiciò a sbucare ovunque: si inventò un modello pittorico nuovo, le Danze Macabre, apposta per mettercelo come protagonista, fu messo in musica nella ballate, finì tra le carte dei Tarocchi e si conquistò un posto eterno nelle storielle popolari, e tutto questo ben prima di apparire in un celeberrimo film di Ingmar Bergman, di risorgere in Messico come la Santa Muerte o di diventare uno dei personaggi più amati del Mondo Disco di Terry Pratchett
Danza Macabra nell'Oratorio dei Disciplinati di Clusone
La modernità ha fatto ben poco per variare questa immagine, che, come si diceva, è popolarissima ancora oggi: il massimo dell’attualizzazione consiste nel vestirla ogni tanto da becchino (il principale riferimento nerd del momento credo sia la Morte di Supernatural) o nel darle l’aspetto di una ragazza goth (Death , la sorella di Sandman nell'omonimo fumetto di Neil Gaiman è il caso più famoso e potrebbe anche essere cronologicamente il primo, non ho mai fatto ricerche in merito). E si tratta comunque di eventi occasionali.

E veniamo quindi alla religiosità pagana odierna, dove gli dèi della morte... non ci sono.
Non sto scherzando. Vi basterà una breve ricerca per rendevi conto che nel paganesimo contemporaneo pochi argomenti sono trascurati quanto quello del trapasso. Considerate anche solo che la più diffusa religione pagana moderna, la Wicca, non ha un cerimoniale funebre. Chiaro che, fintanto che si parla di forme di religiosità volutamente prive di una struttura centralizzata o del concetto stesso di ortodossia, nessuno pretende che esistano liturgie diffuse e accettate ovunque. Ciononostante molti rituali sono praticati dagli wiccani di tutto il mondo o quasi e, pur in tutte le loro varianti, sono sempre riconoscibili. In mezzo a tutto ciò, non c’è nulla che somigli a una ritualità diffusa della morte: ogni singolo gruppo di fedeli la gestisce a modo suo, attuando le cerimone che gli sembrano più appropriate (di solito incentrate sul concetto pagano di morte e rinascita, in una forma o in un’altra) e soprattutto invocando gli dèi che preferisce, rigorosamente scelti tra quelli degli antichi pantheon. 
Anubi superstar
Anche al di fuori della Wicca, un po’ di ricerche mi hanno mostrato che tra i pagani moderni gli dèi funerari più gettonati sono sostanzialmente quelli dell’antico Egitto, in specifico Osiride (che si accorda molto bene al concetto di morte e rinascita che ho citato) e Anubi (che secondo me piace soprattutto perché un dio alto e nero con la testa di sciacallo è fico a prescindere). Ma, a parte alcuni casi ben circostanziati, restano due fatti sui pagani moderni: 
1) hanno pochissima voglia di pensare al trapasso 
2) di fatto non hanno attualizzato in alcun modo gli dèi della morte
 


Perché? 
Io un’idea ce l’ho. Pensate ancora una volta al “solito” Tristo Mietitore: la sua icona è nata in un momento storico ben preciso, che ha coinciso con un cambiamento vasto e radicale dell’idea stessa di morte. Dalle morie immense, improvvise, inarrestabili del basso medioevo è sorta l’idea della Morte falciatrice d’uomini, dello scheletro incappucciato sterminatiore di moltitudini.
Il mio punto è che l’immagine della Morte personificata – e per traslato l’idea delle figure divine associate alla morte – cambia solo quando a cambiare è il concetto di morte all’interno di una data società. E l’idea sociale della morte è certamente molto cambiata rispetto anche solo a pochi secoli fa, in una direzione ben precisa: la rimozione. 
Death di Gaiman, una Morte moderna
e tutt'altro che spaventosa
La morte è senza il minimo dubbio uno dei maggiori rimossi della mentalità moderna (non sono io a sostenerlo). In linea teorica siamo tutti d’accordo che morire è una cosa che può accadere all’improvviso a chiunque, inclusi noi stessi e le persone che ci sono vicine, ma all’atto pratico non è affatto così. In Occidente oggi nessuno è abituato a veder morire spesso le persone attorno a sé, a meno che non svolga qualche specifica professione a stretto contatto col decesso (a me su due piedi vengono in mente solo i medici – e nemmeno tutti – e gli impresari di pompe funebri). E non devo chiaramente spiegare a nessuno che prima della medicina moderna, dei sistemi di welfare e di altri cambiamenti della nostra società le cose andavano in maniera un tantino diversa. Vivere più a lungo e vivere meglio ha avuto una conseguenza piuttosto evidente su di noi: oggi, nella maggior parte dei casi, viviamo come se la morte non esistesse. 
In sintesi – perché siamo in chiusura e vi ho già annoiato abbastanza – è mia convinzione che la mentalità pagana contemporanea, pur tanto pronta a plasmare nuove divinità o a fare restyling a quelle un po’ demodé, non abbia creato nuovi dèi della morte perché la declinazione moderna del concetto di decesso gliene ha già consegnato uno perfetto per la nostra epoca: il Dio Assente (il cui posto di lavoro, quando proprio ce n’è bisogno, può tranquillamente essere occupato da qualche vecchio collega con millenni di esperienza). 
Non so a voi, ma a me la cosa dà da pensare. E non poco.



* A voler essere pignoli, in Grecia il ruolo di psicopompo ce lo aveva anche il dio Ermes, che però non era specificamente una divinità della morte e quindi esula dal mio argomento 

** A questo proposito, se vi va, date un occhio a Indagine sull'orco di Tommaso Braccini, che ne vale la pena

2 commenti:

  1. Ecco un argomento che mi affascina assai :D
    La rimozione della morte, che mi stupisce tocchi anche i neopagani, è un fenomeno che dà molto da pensare anche a me. Soprattutto perché è un fenomeno veramente recente. Tu lo associ alle migliorate condizioni mediche e di vita, ed è una giusta analisi, ma se andiamo a guardare al passato il benessere in cui ci crogioliamo tanto da dimenticare la morte è relativamente giovane.

    I nostri nonni hanno vissuto la guerra, i nostri genitori, a seconda del luogo in questo vasto e variegato Occidente in cui sono nati, hanno vissuto il terrorismo interno o la dittatura, è giusto la nostra generazione che non ha vissuto niente del genere.

    Mi verrebbe da dire che l'assenza di un rapporto quotidiano con la morte, o col rischio della morte, può datare non più in là della fine degli anni '70, eppure oggi tutti, giovani e vecchi, vivono come se la morte fosse uno spiacevole incidente di percorso. Perché?

    Personalmente credo che più del benessere ha fatto il mito del benessere. Il boom economico e del welfare, lo sviluppo vertiginoso della medicina e delle tecnologie in senso lato, sono state accompagnate da promesse se non di eternità, quasi. Quindi tutti, anche molti che hanno vissuto i tempi in cui lo spettro della morte era una presenza quotidiana o quasi, oggi lo recludono in un angolo della mente perché altrimenti non potrebbero credere con sufficiente forza al mito recente dell'immortalità in questo mondo, e dell'eterna giovinezza.

    Una cosa interessante, che credo possa correlarsi a questa rimozione collettiva e forse ne testimonia la potenza, è che nonostante oggi esista un equivalente delle epidemie medievali che spaventa tutti, il cancro, comunque la società continua a rimuovere la morte.

    La generazione dei nostri genitori sta seppellendo un sacco di amici e famigliari uccisi dal cancro e anche noi dovremo seppellirne un po', eppure la paura nei confronti di questi "assassino silenzioso" non sta portando a riesumare l'immagine e la dimensione spirituale della morte ma sta portando, piuttosto, a una fede smisurata, quasi fideistica, verso le medicine alternative e verso i "medici" che promettono la guarigione miracolosa dal male (e che sembrano in tutto e per tutto moderni santoni)

    RispondiElimina
  2. Non so come, questo post mi era sfuggito. Mi ha dato l'idea per l'ennesimo libro (tranquillo: probabilmente, al pari degli altri, non lo terminerò e non lo pubblicherò). Nel caso improbabile in cui veda la luce, sarai il primo tra i ringraziamenti :)

    Giordana

    RispondiElimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.