venerdì 15 dicembre 2017

Un po’ leone, un po’ formica


Era un mese e mezzo che non scrivevo nulla qui sul blog, un buco lungo anche per i miei standard. 
Mi piacerebbe dire che c’erano dietro ragioni importanti e affascinanti, ma la verità è che nel corso di novembre avevo poca voglia, ancor meno tempo e – dettaglio non indifferente – non riuscivo a decidere di cosa avrei dovuto parlare. Siamo sotto Natale, il momento in cui tutti più o meno parlano di quello (e l’ho fatto spesso anche io negli anni passati), ma avevo in mente anche tante altre cose magari più interessanti… 
L’indecisione è sempre stata una mia caratteristica, con cui ho dovuto fare i conti per tutta la vita. Ma adesso che mi trovo ad attraversare una vera fase di cambiamento e ho la sensazione di stare emergendo da un’allucinazione che ha condizionato pesantemente tutto il mio ultimo decennio, mi sorprendo a guardare con occhi diversi anche la mia stessa incapacità di decidere in maniera rapida e univoca. E, giocoforza, anche uno dei suoi simboli, al quale sono sempre stato particolarmente legato: il mirmicoleone

La prima immagine che troverete
cercando il mirmicoleone su Google
Per chi non lo sapesse – ma non ci credo che non lo sapete! – il mirmicoleone è un animale immaginario che appariva ogni tanto nei bestiari medievali (se volete sapere quali e che cosa ne dicevano guardate su Wikipedia, non fate spiegare tutto a me, vi prego!) Essendo figlio di un leone e di una formica – e so che adesso l’immagine mentale di questo bestiale amplesso acrobatico non vi lascerà più in pace: benvenuti nel club… – aveva la metà anteriore da leone e quella posteriore da formica. Ho sempre pensato che sarebbe bellissimo vederlo correre. 
In ogni caso, siccome la brava gente del medioevo per contratto doveva vedere simboli e significarti reconditi anche nei ghirigori del brodo, ci viene detto che il mirmicoleone stava a simboleggiare l’indecisione, perché non sapeva se nutrirsi di carne secondo le abitudini alimentari paterne o d’erba secondo quelle materne, e finiva per morire di fame. Troverete questa spiegazione in pressoché qualunque testo sull’argomento (non che ce ne siano molti, intendiamoci). 
Ebbene, io la considero il più sciocco dei travisamenti.

Tanto per cominciare, chiunque avesse voluto mettere insieme una chimera condannata a rapida morte unendo un carnivoro e un erbivoro avrebbe potuto fare cento scelte più ovvie, o più facilmente comprensibili sul piano simbolico, o persino più divertenti. Fate la prova con i vostri amici: a turno, mescolate animali diversi per produrre lo sgorbio con i peggiori problemi alimentari (o locomotori, o riproduttivi) che riuscite a escogitare. È un buon giochino per i lunghi viaggi in macchina, garantito! 
Ma il leone e la formica differiscono per molti più aspetti che per la dieta. Volendo citare solo i primi che vengono in mente: il leone è grande (nel simbolismo è addirittura sinonimo di enormità e potenza), la formica è piccola (e sinonimo di piccolezza); il leone è un sovrano maestoso, la formica è un trascurabile paesano; il leone se apre bocca lo sentono tutti, la formica non la sente nessuno; il leone è un pilastro di unicità, la formica è un numero sui milioni; il leone ottiene le sue conquiste da solo grazie alla sua grandezza personale, la formica ottiene qualunque cosa solo in gruppo, grazie alla cooperazione senza volto. 
Avete capito dove voglio andare a parare, no? 
Che ci piaccia o no, siamo tutti mirmicoleoni. Una metà di noi desidera – e lo desidera davvero, spasmodicamente, non per modo di dire – essere il re degli animali. Primeggiare. Conquistare. Essere indicato e ammirato e incutere timore. Lasciare il suo marchio nel mondo. Conoscere le magie che violano le regole e cambiano i destini. Avere successo, energia, ricchezza interiore ed esteriore e un harem di leonesse. 
Il mirmicoleone infesta anche Deviantart
L’altra metà desidera essere contenta delle briciole. Amare le abitudini e le strade note. Sentirsi parte di un grande insieme, o di una piccola famiglia. Cercare pace nel silenzio e nell’anonimato. Ottenere con la pazienza. Conoscere le magie che aggirano le regole e risolvono i problemi quotidiani. Trovare minuscole ricchezze e viverle come grandi tesori. 
Non è solo un fenomeno individuale, anche la società lancia in parallelo entrambi gli impulsi: da una parte “O sei uno o sei zero”, “Se vuoi vincere comportati da vincente”, “No pain no gain” eccetera; dall’altra “Quel che dicono gli altri non ha importanza”, “Sii solo te stesso e vai per la tua strada”, “La ricchezza delle piccole cose” e così via. 
Ora, le due metà del mirmicoleone possono gestirsi a vicenda in molti modi: dialogando, litigando, raggiungendo compromessi, fingendo di ignorarsi, dandosi i turni per chi deve mangiare per prima e via dicendo. Ma c’è una cosa che non possono fare, ed è separarsi e andarsene ciascuna per i fatti propri.

Alcuni giorni fa ero a un concerto di un cantante famoso. Io formica persa nella folla, lui leone che ruggiva dal palco. Inevitabilmente, mi sono sorpreso a domandarmi: “Vorresti essere al suo posto? Ti piacerebbe aver ottenuto dalla vita tutto quel che ha ottenuto lui? Saresti più felice se portassi anche tu la sua corona?” 
E, altrettanto inevitabilmente, le risposte sono state “Sì” e “No”, pronunciate dal mio cervello in perfetto unisono e allo stesso identico volume. Nessuna più potente dell’altra. Nessuna risolutiva. Simmetriche, come due occhi per guardare il mondo o due mani per toccarlo e provare a cambiare qualcosa. 
Ma, vedete, con due mani si lavora meglio che con una sola. 
Almeno per me, il mirmicoleone non è un modo per morire: è un modo per vivere.

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