lunedì 21 settembre 2015

Gli dèi viventi, puntata 2: La Città degli Spiriti

A sentire espressioni come “luogo sacro”, “presenza del divino” o simili, quasi nessuno di primo acchito pensa a una città. Men che meno a una metropoli del Ventunesimo secolo.
Certo, ci sono le città sante e ce ne vengono in mente diverse: Gerusalemme, La Mecca, Roma, Santiago, Katmandu. Luoghi dove la gente va in pellegrinaggio e in genere si aspetta di viverci un’esperienza almeno un pochino religiosa. Ma resta il fatto che, nella mentalità collettiva, ci sono poche cose meno sacre di una moderna metropoli occidentale. 
In senso ancor più lato, siamo tutti – chi più chi meno – abituati ad associare l’idea di città a qualcosa di sottilmente ma fondamentalmente “sbagliato”. Le città possono essere affollate, caotiche, pericolose, insalubri; inquinano l’ambiente, alienano, trasformano le persone in rotelline di un immenso ingranaggio senz’anima. Persino chi vive in una metropoli, ci sta alla grande e non vorrebbe mai essere altrove, sotto sotto pensa che comunque c’è qualcosa di fuori posto, di un po’ innaturale nel luogo che chiama casa. Se ho torto su questo punto, ditemelo. 
Però. 
Loro ci osservano...
Vari popoli antichi e qualche scrittore moderno (uno è Clive Barker, che ne parla soprattutto nel suo Imagica) ritenevano che l’uomo costruisca città per riprodurre se stesso, in specifico per riprodurre il suo corpo e la sua mente. Non è un pensiero strano: di fronte a un abitato qualsiasi, di solito non è difficile individuare fisicamente il suo sistema circolatorio, i suoi nervi, il suo cervello, le sue viscere (non a caso oggi abbiamo espressioni come “cuore della città”, “centro nevralgico”, “arterie stradali” e via dicendo). Spesso i popoli con questa concezione erano gli stessi che pensavano che gli dèi o il Dio singolo avessero fatto l’uomo a propria immagine (o che l’uomo si immaginasse per comodità dèi fatti come lui: non è un’idea recente, ha già migliaia di anni). 
Davanti a riflessioni di questo genere, una metropoli umana potrebbe anche non essere più innaturale di un termitaio nella savana o della diga di un castoro nel fiume, pur con tutte le differenze del caso. 
Ma io voglio spingere l’idea qualche passo più in là, seguendo i molti pagani e occultisti moderni che lo hanno fatto prima di me. 
Il sacro e il divino – date pure a questi termini i significati che preferite, anche quello di “baggianate” – sono realmente attorno a noi. Non ce ne liberiamo nemmeno quando lo vorremmo. Possiamo anche non sederci a meditare sotto una cascata una sola volta in vita nostra, non aver più messo piede in chiesa dal giorno della Prima Comunione, non aver mai sentito bizzarre parole come nemeton o stupa o ashram*. Eppure camminiamo ogni giorno su marciapiedi da pellegrini, tocchiamo reliquie, facciamo visita a templi e luoghi sacri. Li costruiamo persino, senza nemmeno rendercene conto.
Sto straparlando? 
Ok, facciamo un passo indietro. 
Possiamo sicuramente non essere tutti d’accordo che “ci sono gli dèi nelle strade delle nostre città”, ma lo siamo sul fatto che moltissime città siano state dedicate a una o più divinità. È un dato universale: nel mondo antico le città potevano avere numi tutelari, in Egitto come in Mesopotamia, in Grecia come in India, nel Giappone feudale come nell’America precolombiana. Alcune ne portavano anche il nome (Atene per la dea Atena è forse il primo esempio che viene in mente a chiunque). E anche nella successiva era cristiana il “lavoro” è stato portato avanti dai santi patroni. 


Forse agli antichi egizi camminare nei templi
non faceva esattamente lo stesso effetto...

Se tutto questo può sembrare una curiosità antiquaria, priva di senso in un mondo post-medievale, si può sempre guardare a esempi più recenti. Poco più di un secolo fa New York, che per tanta gente – non solo in America – è una specie di “capitale dell’Occidente”, la sua divinità tutelare l’ha fatta venire dalla Francia (un po’ come gli antichi romani che si portavano a casa gli dèi dei nuovi popoli che incontravano), l’ha piazzata in modo che chiunque entrasse in città la vedesse come prima cosa, le ha dedicato una statua alta quasi cento metri e l’ha battezzata col nome di un concetto che per gli americani è un’ossessione: Libertà.

Se mi avete seguito fin qui, possiamo fare un passo ulteriore, più strambo.
C’è un esercizio chiamato Sidewalking, praticato da maghi postmoderni e sciamani metropolitani. È facile da spiegare e anche abbastanza facile da mettere in pratica. Io ve lo propongo: provateci, se vi va. 
Si può fare in vari modi: il metodo che segue è tratto in gran parte da City Magick di Christopher Penczak e un po’ da The Urban Primitive di Raven Kaldera. Se avete già nozioni di sciamanesimo, vi suonerà familiare. Se credete agli spiriti e agli dèi, ve lo consiglio molto: è un’esperienza che vale la pena. E se non ci credete, magari provate a farlo lo stesso. Anche solo una volta, per gioco. Per vedere cosa succede. Tanta della magia contemporanea è fatta almeno al 50% di gioco. 
In sostanza si tratta di uscire di casa e farvi una camminata nella città in cui vivete. Non dovete avere un itinerario preciso: andate dove vi portano i piedi. Prima di uscire, fate mentalmente il punto sul fatto che non state partendo per una comune passeggiata: state per compiere un viaggio sul confine sottile che separa il mondo materiale dal mondo dell’invisibile, quello dove vivono gli spiriti e gli dèi. 
Una buona idea è cambiare il vostro normale aspetto, come farebbe un mago che si prepara a un rituale indossando i suoi abiti cerimoniali e i suoi amuleti. Ad esempio potete mettere un capo che non portate spesso, o uno nuovo che non avete ancora usato, o un gioiello che non indossate mai. Se avete davvero oggetti o abiti rituali che usate solo in occasioni particolari, un’occasione può essere questa (chiaro che se il vostro abito sacro è un mantello trapuntato di rune d’argento o una pelliccia con in cima un teschio di cervo magari pensateci due volte prima di uscire conciati così…) 
E a questo punto, appena prima di metter piede fuori dalla porta, fingete che la vostra “seconda vista” si apra sul mondo invisibile, come un terzo occhio. Proprio così: fingete. Come quando da bambini si giocava a “facciamo finta che…” Anche se non vi sembra che sia una cosa molto “magica”, provateci lo stesso, per amor dell’esercizio. 
E ora uscite nella Città degli Dèi. 
Alzate gli occhi e guardate i pali della luce, i lampioni, i fili della corrente: quelle sono le nuove Vie del Cielo per i Signori del Fuoco e del Fulmine. Nei cavi elettrici vibra la folgore di Zeus, tuonano i tamburi di Raiden, corre il carro di Thor che sprizza nubi di scintille. Immaginateli: li vedete? 
Che dite, sta per passare Caronte?
Ora guardate in giù, verso i tombini. Lì sotto c’è il mondo sotterraneo, le budella della città, l’inconscio della sua mente collettiva, il regno dei Signori e delle Signore degli Inferi: Ade e Persefone, Osiride e Anubi, Yama, Papa Ghedé, Hel, Ecate, Ereshkigal. Se avvicinate l’orecchio potete sentire acqua che scorre: sono i fiumi dell’abisso, l’Acheronte, il Lete, lo Stige, che trascinano via tutte le cose che non torneranno mai più alla luce. Se avete qualcosa dentro di voi che non volete più – un brutto ricordo, un legame che vi pesa, un sentimento di cui dovreste liberarvi – provate a scriverlo su un biglietto e a gettarlo in un tombino, affidandolo agli dèi del regno senza ritorno. Potreste meravigliarvi di quanto diventerà più facile lasciar andare certe cose.
Scendete in metropolitana, se la vostra città ne ha una. Qui il dominio degli Oscuri è ancora più vicino, quasi lo si intravede nelle ombre delle gallerie. Le persone lo sentono: fate caso a come si comportano diversamente qui sotto, persino nelle affollate ore di punta. Quando passa un treno, avvicinatevi un po’ (facendo attenzione, è pericoloso!) e sentite addosso la potenza inesorabile del suo passaggio, il frastuono, la ventata d’aria, come il passare di un angelo della morte. Per alcuni sfortunati, ogni tanto, tragicamente lo diventa davvero. 
Vagabondate nelle strade, e lasciate che l’istinto vi porti ai templi nascosti in piena vista. In un cantiere aperto, ecco al lavoro gli dèi del mattone e della forgia, Efesto e Ptah e Ogun, che riparano e rendono più grande la città; nelle vetrine degli outlet lampeggia il sorriso di Afrodite, passano veloci gli occhi di Freya, o si intravede per un attimo il riflesso di Adone; in un parco, tra le panchine all’ombra delle foglie, si ode il respiro quieto di Kernunno; nelle discoteche e nei locali notturni echeggia la risata di Dioniso, e sotto le luci danzano Ishtar ed Erzulie e un Pan dagli zoccoli fluorescenti. 


Quando vedrete la vostra città così, sarete dei maghi fatti e finiti...
o sarà ora di ricoverarvi
Individuate l’edificio più alto di tutti: tante volte è quello il trono del Signore o della Signora della città. Potrebbe trattarsi di un campanile, e in quel caso il nume tutelare potrebbe avere la forma di un santo. O potrebbe essere un monumento, un edificio antico, un grattacielo, e allora il sovrano locale sarà qualcosa di completamente diverso.
Fermatevi a toccare i muri che oltrepassate, i parapetti, le ringhiere: immaginate di percepire il loro lontano passato, di assistere agli eventi a cui loro hanno assistito, di sentire lo scorrere del tempo sotto le dita. Chiudete gli occhi e ascoltate il rumore del traffico o il brusio della folla. Non cogliete le voci degli dèi messaggeri, i sussurri di Thoth e di Ermes, lo strano borbottare di Odino, una manciata di parole profetiche da Apollo? Fissate i monumenti e le statue, che sono i mille volti della vostra città. Forse anche loro hanno qualcosa da dirvi.
Una volta tornati a casa, chiudetevi la porta alle spalle, rilassatevi e dedicate un minuto a riflettere su quel che avete visto. Anche un solo minuto. Potreste aver fatto delle scoperte. Potreste pure decidere che vi va di rifarlo. 

In chiusura mi viene in mente che le città sono anche l’ambiente preferito dei nuovi dèi, quelli che non esistevano nei tempi antichi e sono nati di recente. Divinità come Screw, il Dio del Lattice, che se rispettato vi aiuta a non tornare a casa soli il sabato sera; o come Squat, la Dea dei Parcheggi, che vi trova un buon posto dove lasciare la macchina se le offrite il suo sacrificio preferito: barzellette sporche sulle suore. 
Ma questo è argomento per un’altra delle mie tirate. 


* Un nemeton è un luogo di culto della tradizione celtica; uno stupa è un monumento sacro buddista; un ashram è un eremitaggio per religiosi indù

13 commenti:

  1. Tanto di cappello, come sempre. Proverò anche io, anche se Friburgo nel suo idillio boschivo potrebbe rivelarsi noiosa ;) (o terribilmente scura). Come fonti sull'argomento, come leggevo mi è tornato in mente anche l'immortale "il Sacro e il Profano" di Mircea Eliade. Fare thee well, bro.

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  2. Al contrario, Andrea: per me Friburgo, città storica e moderna che sta gomito a gomito con una foresta vastissima e secolare, sarebbe interessantissima da esplorare in quel senso :-P

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  3. Bellissimo post :D
    Da persona che vive in una metropoli, ci sta alla grande e non vorrebbe vivere altrove ti confermo che ogni tanto la sensazione di qualcosa di sbagliato c'è. Ma, per quel che mi riguarda, non nel senso che forse intendevi tu.
    Personalmente mi prende una sensazione di sbagliato quando vedo foto di Milano dall'alto, da un'altezza sufficiente a non distinguersi bene edifici e strade.
    In quelle foto mi sembra un tumore, che si estende senza un criterio preciso, senza confini netti e mangiando tutto quello che trova.
    Ma è l'unica circostanza, ed è comunque un fastidio che non scaturisce dall'esistere della città ma dal suo modo di essere e dalla mia convinzione che le città siano entità belle, nel senso più alto del termine.
    Le città, anche a voler essere il più atei possibile, restano comunque templi eretti all'umanità creatrice e come tutti i templi sono tanto più belli tanto più hanno un ordine proprio e finito.
    Quando ci passeggi quest'ordine (caotico, ché comunque ogni città è una somma di ordini diversi) lo puoi ammirare, da troppo in alto, da quando non esistono più le cinta murarie a segnare il dentro e fuori di una città, no :/

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    1. "In quelle foto mi sembra un tumore, che si estende senza un criterio preciso, senza confini netti e mangiando tutto quello che trova": questo è ESATTAMENTE quel che intendevo :-D
      E al netto del fatto che le città possono senza il minimo dubbio essere bellissime e oggetto di grande amore

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    2. Qualsiasi cosa facciamo da umani, insomma, è sempre in bilico fra meraviglia e catastrofe XD

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  4. Riguardo le premesse del discorso, la matematica e la fisica delle reti arrivano a conclusioni del tutto analoghe, con formule molto carine e con implicazioni anche divertenti.
    Se interessa, nel Morgan Freeman Science Show (stagione 3, ep 3) in apertura di puntata parlano proprio di questo, in modo ovviamente molto generico e semplificato, però è comunque simpatico.

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    1. Grazie della dritta Marco, lo guarderò sicuramente!

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  5. Non capisco. In cosa consisterebbe la magia? Semplicemente nell'immaginarsi tutto questo mentre si passeggia? Mentre cammino verso l'università, praticamente ogni giorno per la maggior parte dell'anno (più di un'ora di camminata), 3/4 delle volte son li ad immaginarmi personaggi di fantasia (più che altro, provenienti da un universo narrativo creato assieme a degli amici) che si combattono, passeggiano, si scambiano battute, si bevono una birra sulla cima di quel palazzo o tentano di scroccare corrente dai vicini per attaccare la play nell'edificio abbandonato dove han deciso di abitare per un po. Non capisco dove sarebbe la magia nell'intrattenersi durante una camminata lasciando un po andare la fantasia. O è tale solo quando i personaggi che ci si inventa son divinità urbane?

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    1. Io e te non stiamo parlando della stessa cosa, Stefano. O almeno, non del tutto: in parte sì.
      Ma invece di risponderti "La magia è (o può essere) questo o quello", ti propongo un secondo esperimento: perchè non provi a girare questa domanda ai personaggi che incontri, e vedere cosa ti rispondono?

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    2. La differenza suppongo stia nel pensare che ciò di cui parli in questo articolo sia già la fuori pronto per esser scoperto per chi lo guarda con, diciamo, "gli occhi giusti"...o credere piuttosto che qualsiasi si possa vedere, sentire o provare non sia altro che suggestione nata dallo star pensando proprio a quello: nel secondo caso, agli dei urbani si può sostituire un po qualsiasi cosa. Io faccio parte di questa seconda categoria di persone e proprio non riesco a schiodarmici: per me credere in qualcosa di diverso è impossibile quanto è impossibile per un bambino credere che babbo natale esista dopo che i suoi genitori, o i suoi amici, gli han detto la verità ed ha avuto modo di provarlo con mano: una volta scoperto non si torna indietro. Posso impegnarmici al massimo ma riuscirò casomai a far solo finta di crederci, senza mai abbandonare l'idea di fondo che sia solo un mio viaggio di fantasia. Ed alla fine, per come la vedo io, il mondo è abbastanza magico così com'è senza dover dare ad ogni fenomeno un patrono umanizzato che lo gestisca. Le formule magiche esistono davvero, matematica e fisica e chimica non sono altro che quello, ma proprio come quelle dei racconti richiedono anni di studi e sacrifici per esser comprese ed utilizzate mentre tutti vogliono la via facile, la magia alla Harry Potter, in cui ti basta dire due parole di cui non sai nemmeno il significato per piegare il mondo al tuo volere.
      Alla fine, la realtà supera di gran lunga qualsiasi fantasia. Senza tentativi di banalizzarla rendendo qualsiasi fenomeno riconducibile ad un'entità che bene o male si comporta come un uomo, o un animale, o comunque qualcosa che conosciamo. Gli dei, tanti o pochi che siano, cosa rappresentano se non modi facili e quasi pigri per spiegarci quello che può sembrare inspiegabile?

      Puff...scusami per lo sproloquio, m'è uscito un bel po diverso da come lo intendevo inizialmente. Spero rifletta il mio desiderio di non arrivare assolutamente qua a dire "questo è giusto, questo è sbagliato", ma di condividere solo qualche idea su un discorso che a parer mio può farsi interessante.

      Ps: i personaggi che incontro non mi guardano neppure, son troppo presi dai loro affari!

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  6. "Gli dei, tanti o pochi che siano, cosa rappresentano se non modi facili e quasi pigri per spiegarci quello che può sembrare inspiegabile?": questo poteva senz'altro essere vero duemila anni fa. Oggi forse non lo è altrettanto.
    Ciò detto, Stefano, non ti devi scusare per le tue affermazioni o le tue convinzioni! Tutti hanno il proprio criterio di giusto e sbagliato, guai se non fosse così. Se per te gli dèi sono un'idea infantile per banalizzare la realtà, o sono come Babbo Natale che evapora quando si scopre cosa c'è realmente dietro, così è e non c'è nulla di sbagliato in questo.
    Al massimo ti posso dire, per rispondere al tuo discorso sul "non riesco proprio a crederci", che io non stavo proponendo a nessuno di credere proprio nulla. Stavo proponendo un esperimento, e ho anche sottolineato che potrebbe benissimo essere una baggianata per moltissime persone.
    Se invece vogliamo fare un discorso sull'esistenza o sulla natura degli dèi, allora bisognerebbe partire da tutt'altre premesse

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    1. Si si, lungi da me vederti come un predicatore che cerca di indottrinare altri in ciò che lui crede: so bene che le premesse erano tutt'altre, nell'articolo lo si capisce piuttosto bene.
      Effettivamente con il mio commento precedente son uscito un po dal seminato di ciò che effettivamente volevo chiedere inizialmente: dove si trovava, secondo te, la magia nell'esperimento che hai proposto (nel riuscire a percepire in qualche modo queste presenze e magari aprire canali di comunicazione?)
      Il resto era più che altro uno sproloquio su come appare a me il mondo sotto questi punti di vista (dopotutto ho esami a breve, un po di automotivazione sul perchè studio certe cose mi ci voleva proprio) e la parte riguardante la fede ne faceva parte, perchè purtroppo la fede mi è sempre stato un concetto parecchio estraneo, fin da piuttosto piccolo (soprattutto la fede in qualcosa che, al contrario babbi natale, santa lucia, topini dei denti ecc, non lasciavano alcun riscontro concreto).
      Anche se si, il discorso sull'esistenza o meno degli dei mi interessa parecchio. Ma come dici giustamente anche tu, ancora prima dell'esistenza bisognerebbe capire che cosa si intende per "dio", qual'è la natura di queste entità: com'è che le vedi? Perchè, almeno dall'articolo, sembri parlare di entità comunque dotate in un certo modo di una propria coscienza...ed è proprio questo a stonare un po nella mia visione delle cose. Un conto è chiamare Zeus l'insieme dei fenomeni che portano alla scarica di un fulmine a terra, un altro è affermare che sia un omone barbuto che li lancia quando sua moglie non lo lascia trombare con la prima che passa. Insomma, queste divinità...cosa sarebbero, per te?

      Mi piacerebbe continuare il discorso ma se ritieni che non sia la sede adatta, o anche semplicemente non ti va di proseguirlo, posso capire! Ci tengo solo a sottolineare che non voglio mandarlo avanti per spirito critico o per trasformarlo in una sfida a singolar tenzone tra un razionalità e fede, in cui vince chi stende l'altro, ma per sincera curiosità verso un mondo che conosco tutto sommato poco.
      Eeee no, il dono della sintesi evidentemente non ce l'ho.

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    2. Chiamare Zeus l'insieme dei fenomeni che portano allo scoccare del fulmine lo può fare chiunque.
      Decidere che questo insieme di fenomeni possiede una forma di autocoscienza - simile o dissimile da quella umana - già è qualcosa che esula dalla mentalità di molti, probabilmente moltissimi.
      E decidere che dietro lo scoccare del fulmine c'è un omone barbuto e immortale che non riesce a tenersi addosso i pantaloni è al di là della portata della maggior parte degli occidentali odierni. Decisamente anche della mia :-P

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