Alcuni giorni fa scopro che in primavera è uscito un nuovo libro di Ian Tregillis, l’autore di Più nero della notte che ho tradotto io in italiano per Asengard l’anno scorso e di cui avevo parlato qui.
Appena vedo la copertina penso che la persona che l’ha realizzata e quella che l’ha approvata dovrebbero venir spedite nello stesso gulag. Ma, come ci insegna il proverbio, giudicare un libro dalla copertina è un’idiozia, e questa volta lo sarebbe stato anche più del solito.
On line leggo che è un romanzo steampunk e alzo un sopracciglio, perché lo steampunk mi piace come estetica ma raramente mi convince come genere letterario. Poi leggo la trama e mi rendo conto che non è steampunk ma clockpunk (tutte queste categorizzazioni fanno un po’ ridere, vero?) e questo già mi migliora la vita. E che il setting è un’Europa ucronica sulla quale domina l’Olanda. Sul serio?
Infine vedo che il protagonista è un automa, e con questo Tregillis mi ha arpionato ancora una volta: le storie di uomini artificiali sono una fissa per me. Compro il libro – che è il primo di una trilogia – e me lo leggo.
In una parola, FIGATA.
Esporre la trama non rende l’idea: per farla breve ma proprio breve diciamo solo che è il 1926 e l’Olanda, che nel Seicento ha inventato gli uomini artificiali unendo meccanica e alchimia, è diventata un impero tirannico che ha invaso sia l’Europa che le Americhe. Il suo unico nemico degno di nota è il regno di Francia, la cui capitale ha dovuto sloggiare in Canada assieme al Vaticano perché agli olandesi i cattolici stanno sul cazzo. Dunque la guerra infuria nel Nuovo Mondo: gli olandesi usano i Clakker (gli uomini meccanici), i francesi rispondono con le armi chimiche. Ma non quelle che state immaginando.
In mezzo a tutto questo si intrecciano le storie di un prete cattolico nonché spia che vive in Olanda sotto le mentite spoglie di un pastore protestante, del capo dei servizi segreti francesi (probabilmente la lady più sboccata che mi sia capito di incontrare in un libro) e di un centenario automa domestico che si ritrova di colpo libero dalla terrificante schiavitù che imprigiona la stragrande maggioranza dei suoi simili.
Ma non ci siamo, non è di questo che volevo parlare.
Quelle che vorrei citare, piuttosto, sono le buone ragioni per leggere questo libro, in cui sfilano automi che vengono torturati per ridurli all’obbedienza, orologiai-alchimisti, centauri da guerra, pericolosi dibattiti teologici intorno alla vita artificiale (la teologia cattolica dev’essere un chiodo fisso di Tregillis, si notava già in Più nero della notte), palese ironia sullo steampunk sia come concept che come genere, e un’America di frontiera familiare quel tanto che basta a rendere spiazzante tutto il resto, che familiare non è per niente.
Tuttavia, di nuovo, le mie chiacchiere non rendono l’idea.
In più, rispetto ai libri precedenti la scrittura di Tregillis è pure migliorata – pur non rinunciando alle descrizioni chilometriche e arzigogolate, che però fatte da lui riescono pure a diventare affascinanti – e le 450 pagine di questo mattoncino mi sono passate in un soffio.
Se non vi convinco nemmeno così a leggere The Mechanical, non so che altro aggiungere!
... E io mi devo ancora leggere l'altro, Più nero della notte... -_-
RispondiEliminae.... tradurrai anche questo?
RispondiEliminaNon penso proprio. Personalmente non ho più contatti lavorativi con Asengard, e con l'aria che tira oggi in questo paese non riesco proprio a immaginare chi mai vorrebbe pubblicarle questo libro in italiano...
Elimina"il regno di Francia, la cui capitale ha dovuto sloggiare in Canada assieme al Vaticano perché agli olandesi i cattolici stanno sul cazzo."
RispondiEliminaE già solo con questo me ne hai venduta una copia XD segnato ^^