ORIGINARIAMENTE PUBBLICATO SU FACEBOOK IL 15.05.2014
E adesso vi aspettate pure le Grandi Rivelazioni da me su come risanare il
mondo dell'editoria?
Da me?
Io al massimo ma proprio al massimo posso dare i numeri (mi viene naturale, soprattutto dopo un bicchiere di tè al limone con l'OKI). E posso parlare di me stesso, che è l'unica forma di nascisimo politically correct quando non volete parlare di cose che non conoscete. Ma vi avverto subito che saranno numeri e parole alquanto banali, perciò se volete rimanere delusi potete cominciare da qui e non andare avanti.
Se sono un autore di genere – il mio ad esempio è l'urban fantasy – devo capire in fretta due cose:
a) se ho un pubblico che legge nella mia lingua
b) di quante persone è composto.
Mettiamo il caso che il pubblico dell'urban fantasy in Italia sia – dico un numero a caso – di 10.000 persone (e scendendo a casi meno ipotetici io ritengo che nella realtà siano di meno).
Ok, io so che è per quelle persone che sto scrivendo. Può sempre darsi che chi non legge il tuo genere prenda in mano – per un motivo o per un altro – il tuo libro, lo legga, gli piaccia e decida di andare avanti, ma fidatevi, per esperienza posso dire che nel nostro paese è un caso abbastanza raro da non fare statistica.
Da questo numero bisogna togliere tutte le persone che so in partenza che non riuscirò a raggiungere, ovvero quelle che non sapranno dell’esistenza del mio libro: poniamo che questo dimezzi la cifra iniziale.
Poi devo togliere tutte quelle che, pur leggendo urban fantasy, non avranno interesse per il mio specifico sottogenere o per il singolo volume che sto proponendo. E se, faccio calcoli sul medio-lungo periodo, devo togliere anche quelli a cui il mio libro non piacerà, e che difficilmente mi concederanno una seconda chance. Seconda divisione per due (sempre in termini puramente esemplificativi).
Mi rimangono 2.500 potenziali lettori. Questo è il pubblico al quale mi rivolgo quando scrivo. Da qui in avanti si tratta solo di farsi i conti in tasca: in termini di rientro – denaro, fama, soddisfazioni, proposte di matrimonio – posso impiegare parte del mio tempo per perseguire questo scopo?
E' la stessa domanda che si fanno gli editori, anche se in proporzioni diverse. A un grosso editore non conviene pubblicare un libro per 2.500 persone. In termini pratici un singolo libro che vende 50.000 copie costa meno di 20 libri che ne vendono 2.500, ed è per questo che – banalissimamente – la grande editoria preferisce la letteratura mainstream al genere.
E a uno scrittore, conviene?
La risposta è al 100% individuale. Dipende tutto da quello che vuoi. Se il tuo obiettivo primario è diventare ricco e famoso, il mio consiglio è non scrivere genere, o meglio ancora non scrivere in italiano, o meglio di tutto non scrivere affatto, ma fare qualcosa di più redditizio.
Al capo opposto della scala c'è chi scrive solo per te stesso o per chi vuole leggerlo "se capita" (ma esistono davvero i leggendari individui che pensano questo in tutta sincerità? Presentatemene uno e io in cambio vi presento il mio yeti domestico, promesso). Questi, se esistono, non devono nemmeno porsi il problema. Beati loro.
A metà tra i due casi ci sono io, e tanti altri scrittori come me, che vogliono essere letti dal più vasto pubblico possibile ma entro termini ragionevoli, e che lo fanno anche e soprattutto perché amano farlo. E quindi si fanno i loro conti.
Questa è la via d'uscita dal castello assediato, la sola che io conosca. Decidi quali fortezze vale la pena difendere – e i motivi per difenderle possono essere i più vari – e quali no. Non so se gli editori possono fare lo stesso ragionamento: non sono mai stato un editore. Forse loro sono costretti a combattere la loro guerra tutti i giorni in ogni maledetto avamposto di confine, altrimenti l'impero cade. Una posizione che personalmente non invidio propro.
Nel mio caso specifico, io posso scrivere anche solo per 2.500 persone. Di fatto posso scrivere anche solo per 250. Perché ho già un lavoro che mi dà da mangiare, non ho un affitto da pagare né un mutuo, mi resta tempo per fare altro e lo dedico volentieri a scrivere libri se non proprio gratis, anche solo a compenso molto modesto. E perché sono – molto semplicemente – innamorato del mio piccolo pubblico, che negli anni mi ha dimostrato un affetto e un etusiasmo che non avrei mai e poi mai creduto possibile. Per il mio piccolo pubblico io continuerei a pubblicare ebook a 3 euro su Amazon se a un certo punto gli editori non mi volessero più. Potrebbe succedere domani. Potrebbe essere già successo.
Non diventerò ricco e famoso. Non mi manterrò neppure con la scrittura. Non verrò invitato in televisione o all'estero. Non prenderò pacche sulle spalle e sorrisi untuosi alle Feste Importanti. Ma so quali fortezze voglio difendere. So in quale castello voglio vivere.
E no, non è una roccaforte di confine.
Da me?
Io al massimo ma proprio al massimo posso dare i numeri (mi viene naturale, soprattutto dopo un bicchiere di tè al limone con l'OKI). E posso parlare di me stesso, che è l'unica forma di nascisimo politically correct quando non volete parlare di cose che non conoscete. Ma vi avverto subito che saranno numeri e parole alquanto banali, perciò se volete rimanere delusi potete cominciare da qui e non andare avanti.
Se sono un autore di genere – il mio ad esempio è l'urban fantasy – devo capire in fretta due cose:
a) se ho un pubblico che legge nella mia lingua
b) di quante persone è composto.
Mettiamo il caso che il pubblico dell'urban fantasy in Italia sia – dico un numero a caso – di 10.000 persone (e scendendo a casi meno ipotetici io ritengo che nella realtà siano di meno).
Ok, io so che è per quelle persone che sto scrivendo. Può sempre darsi che chi non legge il tuo genere prenda in mano – per un motivo o per un altro – il tuo libro, lo legga, gli piaccia e decida di andare avanti, ma fidatevi, per esperienza posso dire che nel nostro paese è un caso abbastanza raro da non fare statistica.
Da questo numero bisogna togliere tutte le persone che so in partenza che non riuscirò a raggiungere, ovvero quelle che non sapranno dell’esistenza del mio libro: poniamo che questo dimezzi la cifra iniziale.
Poi devo togliere tutte quelle che, pur leggendo urban fantasy, non avranno interesse per il mio specifico sottogenere o per il singolo volume che sto proponendo. E se, faccio calcoli sul medio-lungo periodo, devo togliere anche quelli a cui il mio libro non piacerà, e che difficilmente mi concederanno una seconda chance. Seconda divisione per due (sempre in termini puramente esemplificativi).
Mi rimangono 2.500 potenziali lettori. Questo è il pubblico al quale mi rivolgo quando scrivo. Da qui in avanti si tratta solo di farsi i conti in tasca: in termini di rientro – denaro, fama, soddisfazioni, proposte di matrimonio – posso impiegare parte del mio tempo per perseguire questo scopo?
E' la stessa domanda che si fanno gli editori, anche se in proporzioni diverse. A un grosso editore non conviene pubblicare un libro per 2.500 persone. In termini pratici un singolo libro che vende 50.000 copie costa meno di 20 libri che ne vendono 2.500, ed è per questo che – banalissimamente – la grande editoria preferisce la letteratura mainstream al genere.
E a uno scrittore, conviene?
La risposta è al 100% individuale. Dipende tutto da quello che vuoi. Se il tuo obiettivo primario è diventare ricco e famoso, il mio consiglio è non scrivere genere, o meglio ancora non scrivere in italiano, o meglio di tutto non scrivere affatto, ma fare qualcosa di più redditizio.
Al capo opposto della scala c'è chi scrive solo per te stesso o per chi vuole leggerlo "se capita" (ma esistono davvero i leggendari individui che pensano questo in tutta sincerità? Presentatemene uno e io in cambio vi presento il mio yeti domestico, promesso). Questi, se esistono, non devono nemmeno porsi il problema. Beati loro.
A metà tra i due casi ci sono io, e tanti altri scrittori come me, che vogliono essere letti dal più vasto pubblico possibile ma entro termini ragionevoli, e che lo fanno anche e soprattutto perché amano farlo. E quindi si fanno i loro conti.
Questa è la via d'uscita dal castello assediato, la sola che io conosca. Decidi quali fortezze vale la pena difendere – e i motivi per difenderle possono essere i più vari – e quali no. Non so se gli editori possono fare lo stesso ragionamento: non sono mai stato un editore. Forse loro sono costretti a combattere la loro guerra tutti i giorni in ogni maledetto avamposto di confine, altrimenti l'impero cade. Una posizione che personalmente non invidio propro.
Nel mio caso specifico, io posso scrivere anche solo per 2.500 persone. Di fatto posso scrivere anche solo per 250. Perché ho già un lavoro che mi dà da mangiare, non ho un affitto da pagare né un mutuo, mi resta tempo per fare altro e lo dedico volentieri a scrivere libri se non proprio gratis, anche solo a compenso molto modesto. E perché sono – molto semplicemente – innamorato del mio piccolo pubblico, che negli anni mi ha dimostrato un affetto e un etusiasmo che non avrei mai e poi mai creduto possibile. Per il mio piccolo pubblico io continuerei a pubblicare ebook a 3 euro su Amazon se a un certo punto gli editori non mi volessero più. Potrebbe succedere domani. Potrebbe essere già successo.
Non diventerò ricco e famoso. Non mi manterrò neppure con la scrittura. Non verrò invitato in televisione o all'estero. Non prenderò pacche sulle spalle e sorrisi untuosi alle Feste Importanti. Ma so quali fortezze voglio difendere. So in quale castello voglio vivere.
E no, non è una roccaforte di confine.
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