venerdì 31 maggio 2013

Il "problema dei libri di moda": a modest proposal


ORIGINARIAMENTE PUBBLICATO SU FACEBOOK IL 31.05.2013

Stamattina un divertente post di Blue Oltremare mi ha fatto tornare in mente una cosa a cui penso spesso ma che dico di rado (perché di solito mi frutta insulti o, nel migliore dei casi, gentili spiegazioni sul “perché ho torto”): la questione dell’avercela coi libri (e con gli autori) per il loro genere.
La prima reazione di solito è “Non è affatto vero, io non ce l’ho per principio con nessun genere! Semmai è quello specifico libro/saga/autore/autrice che non dovrebbe esistere perché…” (fill the blank con “è scritto da cani”, “inquina il genere”, “è un libro per bimbiminkia”, “è il bieco sfruttamento commerciale di una moda” eccetera). Ovviamente, più il libro/saga/autore/autrice è celebre e più il rant è fragoroso. Nell’ambito del fantastico la categoria più presa di mira di solito è il paranormal romance, ma di sicuro vi verranno in mente anche altri esempi.
Vero è che io stesso, quando non sono incazzato, amo pensare a me stesso come a uno che non ce l’ha di base con questo o quel genere, ma che al massimo ha generi che non gli interessano neanche un po’ – nel mio caso, ad esempio, il distopico – e che quindi semplicemente non legge. Il corollario è che non provo rabbia o dolore se quel genere viene pubblicato e venduto. Neanche se viene pubblicato e venduto tanto. Persino se è composto al 99% da libri oggettivamente brutti (come è endemico di qualunque cosa diventi molto di moda, nessuno ci può fare niente).
Questo è il punto in cui di solito partono gli attacchi di bile.
L’argomentazione più frequente suona più o meno: “I libri del tal genere ci danneggiano tutti! Danneggiano i lettori, l’editoria, il mercato (in qualche caso ho sentito persino “la cultura”…) In libreria lo spazio sugli scaffali è limitato: se un certo genere diventa di moda i librai vorranno vendere solo quello, gli editori pubblicheranno solo quello, i lettori – che sono mucche – vorranno solo quello, e così bellissimi libri di altro genere spariranno nel nulla, bravissimi autori non emergeranno mai e il mondo verrà invaso da legioni di angeli-vampiri con 50 sfumature di luccicanza”.
Può darsi che tutto ciò sia vero. O magari non lo è. Io non ho i parametri per valutarlo. Ma, molto immodestamente, presumo di possedere il segreto che può risolvere il problema: cercate, leggere e diffondete i libri che vi piacciono.
Nessun rant, nessuna recensione negativa, nessuna pacata e argomentata spiegazione sul perché determinati libri non sono belli/buoni/giusti/valevoli ha mai fermato nessuna ondata libraria, né mai ne fermerà. Se volete i libri che piacciono a voi sugli scaffali, se ne volete trovare almeno una copia in vetrina accanto alle venti della moda di quel mese, esiste un solo sistema: chiedeteli ai librai, cercateli su internet, parlatene ovunque vi capita, entusiasmatevi, consigliateli agli amici, regalateli ai compleanni.
Vi sembra fiacco? Pensate che così non cambierà mai niente? Buona fortuna con le lamentele.

giovedì 30 maggio 2013

Il reality check dei liceali


ORIGINARIAMENTE PUBBLICATO SU FACEBOOK IL 29.05.2013

Stamattina ho passato quattro ore a parlare con svariate classi di un liceo artistico. Non è la prima volta che lo faccio ma non lo facevo più da quasi un anno. E ancora una volta è stato un quasi traumatico, centrifugante, illuminante reality check.
Per chi come me passa tutto il giorno seduto al dannato PC, a scrivere e leggere ed editare e parlare quasi solo con altra gente che scrive (o che legge in proporzioni abnormi rispetto alla media e/o ha fatto del giudizio un'improbabile arma di attacco-difesa) è straordinariamente facile dimenticarsi dei lettori.
E intendo i lettori veri, in carne e ossa, quelli che leggono un botto di libri al mese e quelli che va già bene se ne leggono uno all'anno, quelli che leggono solo fantasy e quelli che a momenti non sanno neanche cos'è. Non che addetti ai lavori, blogger e simil non siano lettori veri, beninteso, ma non appartengono al "novero delle migliaia". Ed è quest'ultimo, il "novero delle migliaia", che nel bene e nel male costituisce il vero pubblico.
Quelli con cui ho parlato erano ragazzi dai 14 ai 17 anni, ovvero esattamente il target preso di mira – sì, la metafora militare è voluta – dall'editoria italiana del fantastico. E cosa vogliono questi ragazzi-lettori-o-potenziali-tali?
Vogliono storie.
Se ne fottono altamente se i vampiri sono troppo di moda. Se ne fottono se "la caratterizzazione del protagonista è stereotipica". Se ne fottono della reinterpretazione in chiave weird ma più virata sul dieselpunk della realtà socio-politica odierna. Se ne fottono del POV e dell'io narrante e dello show don't tell.
Vogliono storie di cui innamorarsi.
Se vi rendete conto che passate le vostre giornate a caccia dell'ultimo avverbio sopravvissuto allo sterminio di massa tra le vostre pagine, e che vi incazzate a morte con voi stessi perché non lo avete trovato, o se – peggio – vi accorgete di quanto è fondamentale per voi la profonda differenza tra high fantasy, low fantasy ed heroic fantasy post-moorcockiana, vi consiglio caldissimamente un giro al liceo.