lunedì 24 luglio 2017

Gocce del mio sangue


Quando ho scritto l’ultimo post prima di questo, nove mesi fa, credevo sinceramente di aver chiuso con questo blog, e ho continuato a crederlo fino a poco tempo fa. Senza malanimo, e per ragioni ben precise: da un lato non avevo abbastanza tempo, e dall’altro avevo cominciato a coltivare il (per nulla celato) timore che la più profonda ragione che mi spingeva a scrivere queste pagine fosse mettermi in mostra.
E, comprendetemi, non mi piace avere questa idea di me stesso.
Invece eccomi qua, con l’intenzione di riaprirlo e provare – ancora una volta – sia ad aggiornarlo con una certa costanza sia a non usarlo per fare la ruota con la coda.
A farmi cambiare idea sono state due cose: la preghiera di una persona che mi è molto cara e un ragionamento che ho fatto da solo. Sulla prima non c’è nulla di particolare da dire; sul secondo ci sarebbe anche troppo.

Il dio distratto...
Faccio un passo indietro. 
Auna decina d’anni fa mi ero appassionato molto a un web comic intitolato Indefensible Positions, un urban fantasy che parlava di divinità incarnate, magia contemporanea, Spiriti metropolitani e filosofia cosmica (insomma tutte le cose che mi piacciono), e ne parlava con proprietà e con una notevole inventiva. L’autore era un misterioso figuro che si firmava Remus Sheperd, del quale ho perso le tracce da anni (se vi dovesse venir voglia di indagare su di lui potete partire dal suo sito, che è ancora on line: se scoprite qualcosa fatemelo sapere!) Disegnava da cani, ma scriveva bene: la sua storia non mi ha più abbandonato, anzi ha ispirato alcuni dettagli dei miei lavori successivi e a volte mi costringe a riflettere ancora oggi.
In particolare, nella parte iniziale della storia c’è una scena che mi ha tormentato per anni. Due entità eternamente nemiche, che rappresentano la Stasi e il Cambiamento (o con più precisione la Sicurezza e l’Incertezza), stanno discutendo della rispettiva influenza sulla razza umana. A un certo punto il secondo (che nella sua vita terrena era stato il generale Lee, non sto scherzando) viene punto sul collo da una zanzara. Il suo avversario lo deride per questo – un dio beccato da una zanzara! – ma lui, tranquillissimo, risponde di non avere alcun problema se frammenti del suo potere gli vengono portati via. 
...e la zanzara atomica
(Btw, bevendo il sangue del dio la zanzara diviene autocosciente e super-intelligente, acquista bizzarri poteri e rimane un adorabile personaggio fino alla fine della storia: certe volte è Spiderman che ha strani effetti sul ragno)

Negli ultimi anni anche io mi sono sentito accusare più volte di “lasciarmi portar via” parti di me. In specifico, le persone che mi vogliono bene mi hanno fatto notare che ho la tendenza a perdere di vista “quel che è importante” per distribuire energia a cose (e persone) che importanti forse non sono.
In altre parole mi dicono che spesso finisco per dedicare tempo, attenzione, pensiero ed energia emotiva a situazioni che dal mio punto di vista “hanno bisogno di me”, ma che in realtà non mi riguardano più che tanto. E chiaramente si tratta di energie che finisco per sottrarre alle cose e alle persone che in teoria le meriterebbero sul serio (perché lo faccio è un’altra questione, che temo abbia a che fare con il fatto che a tutti piace “sentirsi necessari” e che forse mi smaschera come quell’egocentrico che non vorrei essere…)

So che messo in questo modo sembra un problema stupido. Uno trova il suo equilibrio tra generosità e mancanza di cautela e la vita va avanti. Ma nella vita vera raramente le cose sono così semplici, e ogni goccia di sangue che distribuiamo in giro può servire a firmare patti di cui non conosciamo tutte le clausole: la lezione di Faust non si impara mai.

La magia contemporanea e le religioni pagane di oggi hanno un rapporto schizoide con la questione. Da un lato si trova citata spesso (soprattutto nei testi di sciamanesimo) quell’osservazione antropologica secondo la quale presso molti popoli nativi d’America, d’Australia e del Pacifico chi è più ricco può mantenere la sua ricchezza solo donando il più possibile: se doniamo senza riserve le forze che governano l’universo (dèi, spiriti etc.) manterranno stabile la nostra ricchezza o addirittura la moltiplicheranno, se diventiamo avari vedremo svanire in breve tempo la nostra fortuna, in tutti i sensi del termine*.
Il karma propriamente detto vi sembra ancora un concetto semplice?
Dall’altro lato, molte correnti di magia – postmoderne e non – insistono sul non dissipare nemmeno un briciolo di energia in nulla che non sia strettamente funzionale ai nostri scopi, arrivando a certi eccessi come l’idea, cara ad alcuni chaos magicians, secondo cui “nessuno stato della mente deve mai essere sprecato”, ovvero che si dovrebbe infilare un incantesimo dentro qualunque cosa ci passa per la testa o per le mani, pure un’imprecazione se ci cade un libro su un piede.
Più o meno a metà strada si potrebbero appoggiare tutte le credenze pagane relative al karma (nella sua forma prettamente occidentale, ovvero l’idea che “quel che facciamo ci torna indietro”, laddove il concetto originario, nella sua accezione indiana, è una cosa completamente diversa), la più famosa delle quali è la cosiddetta Threefold Law (“Tutto quel che si fa torna indietro moltiplicato per tre”), che l’ignoranza dei media spesso spaccia per una concezione fondamentale della Wicca, quando invece è una credenza piuttosto marginale e – che io sappia – mai ufficializzata da alcuna religione pagana organizzata, fuori o dentro la Wicca.

In mezzo a questo marasma, io col tempo ho finito per decidere che l’impostazione che mi suona di più nasce da una frase che il chaos magician Dave Lee mise per iscritto già negli anni Novanta (la traduzione è mia):
La ricchezza è uno skill, il cui valore è sempre arbitrario e personale. Il denaro è uno Spirito, un elementale; la ricchezza è l’attributo di un dio.
(Dave Lee, Chaotopia!, pag. 27)**
Certo, non è un “documento di libera uscita” che risolve d’un colpo tutti i problemi. Gli Dèi che possiedono l’attributo della Ricchezza possono permettersi di essere infinitamente generosi con la loro energia (e non è affatto detto che lo saranno: i miti traboccano di divinità avide, egocentriche e gelose di quel che è loro). Non a caso anche l’Avatar del Cambiamento di Indefensible Positions è un dio.
Ma né io né voi lo siamo. Le gocce di sangue che distribuiamo sono contate, sempre.

Ma il punto fondamentale per me non è nemmeno questo. Il punto è che, come tutti i mistici da marciapiede, io voglio almeno provare a incarnare una briciola di quelli che sono gli attributi delle forze più grandi di noi. E forse la vera differenza con tutto quello che ho fatto finora, sbagliando molte più volte di quante avrei voluto, è farlo – o almeno provarci – con consapevolezza.
Ecco: anche le poche righe che cercherò di trovare il tempo e la voglia di mettere qui sono, a modo loro, una goccia del mio sangue, spillata volontariamente.
Spero che abbia una buon sapore.



* Non ho mai fatto ricerche per appurare se questo studio sia stato fatto realmente o sia una leggenda metropolitana, ma la sua diffusione nella letteratura a tema è indiscutibile, e lo si ritrova citato anche in testi che parlano di altre forme umane del “donare”, come l’arte o la scrittura (un buon esempio per tutti è The Gift di Lewis Hyde)

** Lo trovate anche nella bibliografia del blog